"Sì ai cani in spiaggia, sono individui"

Per il Tar della Calabria è "illegittimo" il divieto di portare Fido sotto l'ombrellone: ha uno status giuridico

"Sì ai cani in spiaggia, sono individui"

Cani e gatti? Vietare loro l'accesso alle spiagge è illegittimo. Perché godono di diritti intangibili. Proprio come gli esseri umani. In America, dove di solito il futuro comincia prima che altrove, hanno addirittura la capacità di stare in giudizio, assistiti da un avvocato. Adesso anche nel Vecchio Continente, e nella lontanissima Italia, qualcosa si muove. E per gli animali domestici si schiudono nuovi scenari.
Lo dimostra una serie di sentenze, negli ultimi tempi sempre più frequenti, al cui filone appartiene una recentissima pronuncia della sezione reggina del Tar Calabria. I magistrati calabresi erano stati chiamati a decidere il ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste contro l'ordinanza con la quale, nell'estate del 2013, il Comune di Melito Porto Salvo aveva interdetto a quattro zampe ed affini l'ingresso ai lidi. Di fronte alle proteste il Municipio melitese aveva subito innestato la marcia indietro, ma il contenzioso ha seguito il suo corso e qualche giorno fa è arrivato il verdetto. Sfavorevole all'ente poiché, hanno sentenziato i giudici, «la scelta da esso adottata risulta irragionevole, illogica, irrazionale: l'amministrazione avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali più adeguate, piuttosto che porre un divieto assoluto di accesso all'arenile». Anche perché, è la precisazione che fa giurisprudenza, «l'ordinanza impugnata contrasta con la finalità di realizzare un corretto rapporto uomo-animale-ambiente, costituendo un limite non consentito alla libera circolazione degli individui». Ovvero delle persone, ma pure dei cani, al pari dei loro amici bipedi riconosciuti titolari di tutela giuridica e di precisi diritti.
Una svolta che poche settimane addietro lo scrittore americano, David Grimm, autore del libro Citizen canine, aveva anticipato dalle colonne del National Geographic: «Cani e gatti sono considerati beni di proprietà: agli occhi della legge non c'è differenza tra essi e un divano. Sono state però introdotte modifiche normative che hanno reso meno netto il confine tra animali ed esseri umani, soprattutto quando si parla di cani e gatti». Dei quali ormai, annotava Grimm, «i giudici considerano l'interesse. Se un cane o un gatto vengono uccisi, i proprietari iniziano a fare causa per sofferenze mentali e perdita di un compagno. È una rivoluzione che sta avvenendo nei tribunali e nelle nostre case». Ed ora anche nel Belpaese, dove sentenze come quella emessa dal Tar di Reggio Calabria sono tutt'altro che rare. L'uomo ha il diritto di parlare, purchè non si superi la soglia di tollerabilità fissata dal codice civile. I cani - abbaiando - altrettanto, ha stabilito il Tribunale di Lanciano, sottolineando: «Vanno tutelate le persone, ma anche gli animali».

Un cammino iniziato seriamente con la legge 189 del 2009 e, da ultimo, proseguito con la ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, tradotto in pratica dal Tribunale di Venezia, che ha consentito ad un'anziana paziente di poter ricevere ogni qual volta lo desiderasse, nell'ospedale in cui si trovava ricoverata, il suo cane: «Le norme vigenti scolpiscono nel diritto positivo un principio che costituisce ormai patrimonio della coscienza contemporanea: il rispetto degli animali, protetto costituzionalmente».
Si volta pagina. S'apre un nuovo capitolo. Il titolo? Civiltà.

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