La «pausa di riflessione» di Beppe Sala potrebbe durare pochi giorni. Dopo aver scoperto solo a mezzo stampa giovedì sera di essere indagato per falso ideologico e falso materiale nell'inchiesta sulla Piastra di Expo, il sindaco di Milano si è «autosospeso» (una formula prevista solo in caso di condanna di primo grado, in pratica si è preso un periodo di ferie) per approfondire la propria posizione. «Ritengo che l'attuale situazione determini per me un ostacolo temporaneo a svolgere le funzioni, la mia assenza è motivata dalla personale necessità di conoscere innanzitutto le vicende ed i fatti contestati» ha scritto nella lettera inviata al consiglio comunale e alla vicesindaco Anna Scavuzzo, a cui ha ceduto le deleghe. Ieri notte ha dormito undici ore, chi gli ha parlato lo ha sentito sereno. Ha trascorso il sabato a casa scambiando telefonate e sms, la mattina ha visto i legali per fare il punto, poi la Scavuzzo, nel pomeriggio è uscito solo per fare la spesa. A tutti ripete che è ben consapevole che l'assenza da Palazzo Marino non potrà durare più di qualche giorno, ma chi lo conosce bene non dà affatto per scontata l'evoluzione: se finirà con il rientro in Comune o con le dimissioni si saprà solo una volta che avrà acquisito tutti gli elementi del caso. Già venerdì sera il sostituto Pg di Milano Felice Isnardi ha fatto sapere che è disponibile a riceverlo e a interrogarlo se si presenterà spontaneamente, e domani l'avvocato Salvatore Scuto farà le prime verifiche sul quadro accusatorio in Procura. Lo stop dalla carica è stato un segnale politico, e almeno ha sortito un'accelerazione da parte della Procura.
L'ex mr Expo si è sentito rinfrancato dai messaggi della gente su Facebook, dal consenso trasversale, un atteggiamento da parte degli avversari politici che non era scontato. E ieri è arrivata la lettera - interessata - di 71 sindaci italiani (primo firmatario, quello di Catania Enzo Bianco) che lo difendono, ma soprattutto gli chiedono di riprendere subito il suo posto per non creare un pericoloso precedente: «Se passa il messaggio che, di fronte al semplice avvio di una indagine, all'iscrizione nel registro degli indagati, un amministratore è gravemente indebolito nell'esercizio delle sue funzioni, le nostre città precipitano in una condizione di ingovernabilità» e «la reputazione dei sindaci subisce un duro colpo». Ciò che non dicono è che l'esempio di Sala rischierebbe di dover essere seguito. Tra le firme, tanti sindaci del Sud e tanti renziani, da Giorgio Gori a Dario Nardella, Mattia Palazzi. Dietro sembra esserci la manina dell'ex premier Matteo Renzi.
«Ho bisogno di alcuni giorni, per ricostruire con i miei avvocati il quadro giuridico e per decidere se sia un bene continuare o se il mio ruolo possa creare un danno al Comune e alla città. Ho firmato centinaia di atti in Expo e quello che mi viene contestato proprio non me lo ricordo» ha spiegato ai capigruppo di maggioranza e opposizione riuniti in sala giunta venerdì, prima di lasciare Palazzo Marino. Ma il centrodestra gli ha assicurato che non avrebbe chiesto le dimissioni. E anche il segretario della Lega Matteo Salvini ieri ha ribadito: «Se ha la coscienza pulita vada in ufficio a lavorare oggi pomeriggio perché Milano ha bisogno di questo, io non chiedo dimissioni».
E ieri anche dal Comitato per la legalità creato da Sala in Comune, presieduto dall'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo che era quasi pronto a candidarsi con la sinistra radicale contro il manager renziano, ha inviato una mail al Capo di gabinetto del sindaco Mario Vanni.
«Sulla base di quanto appreso sulla vicenda - è scritto - il comitato ritiene che non vi siano motivi per protrarre detta autosospensione e confida nella pronta ripresa dell'esercizio delle piene funzioni al servizio della città».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.