Salva la libertà di mangiare ciò che vogliamo

Salva la libertà di mangiare ciò che vogliamo

L a democrazia diretta è il miglior sistema politico che esista: in Svizzera, s'intende. A nord di Chiasso organizzano referendum molto più spesso che da noi e molto più spesso che da noi vince la ragione. Per dire, qualche anno fa gli svizzeri respinsero, in nome della produttività, la proposta di aumento indiscriminato delle settimane di vacanza. Mentre ieri, in nome della libertà, hanno respinto la proposta di aumentare le certificazioni necessarie per far arrivare un cibo sulle loro tavole. Lasciatemi esultare: grandi! I promotori del referendum, forse per cavalcare l'ondata sovranista che sta scuotendo l'Europa politica, hanno fatto campagna parlando di «sovranità alimentare», formula accattivante che non è riuscita a occultare una realtà deprimente di nome burocrazia. Se avessero vinto, tutti i cibi consumati nella Confederazione elvetica, quelli prodotti in loco e ancor più quelli prodotti all'estero, avrebbero dovuto subire regolamentazioni e controlli ulteriori, e già quelli esistenti non sono pochi. La maggioranza degli svizzeri, specie i residenti nei fieri cantoni germanofoni, ha capito che la iper-regolamentazione costa e che oltre ad aumentare il conto al ristorante e lo scontrino al supermercato prevede un consumatore infantilizzato, incapace d'intendere e di volere. È una questione di portafoglio: non tutti possono permettersi le cosce del pollo lasciato libero di razzolare sui prati dell'Engadina, magari con sottofondo di musica classica. Ed è una questione di dignità: non sono un bambino né un minorato mentale e non voglio che lo Stato (o il cantone) decida quello che è bene per me. Magari dei polli dell'Engadina, pur potendoli comprare, non me ne frega niente. Magari ho altre priorità. Magari non credo negli enti di certificazione (in Italia pagati dalle stesse aziende certificate: non dico altro per evitare querele, chiedo soltanto all'amico lettore di riflettere su questo curioso dettaglio la prossima volta che vedrà timbri e marchietti rassicuranti sulla confezione dei biscotti da inzuppare nel caffellatte...).

Magari non credo nei criteri qualitativi correnti: per molte persone gli Ogm sono pressapoco il diavolo, per me che un poco li ho studiati sono il benedetto risultato di ricerche indispensabili (lo sapevate che una mela Golden Bio necessita di trenta trattamenti anticrittogamici in più di una mela Gala Ogm?). Dalla Svizzera, oltre a orologi e coltellini, dovremmo importare il buon senso.

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