Parigi Quattro anni di affitto non pagato, un debito enorme e una famiglia sull'orlo dell'espulsione da un alloggio di proprietà del Vaticano. La società che lo gestisce ha trascinato la 59enne Pascale N. in tribunale, con la sorella e il fratello 60enne disabile: possono rimanere qualche altro mese nell'appartamento di proprietà della Santa Sede solo perché l'ha deciso un giudice. Che ha concesso poco tempo per regolarizzare. Poi la società che gestisce i circa 500 immobili parigini di proprietà della Santa Sede tornerà a bussare alla loro porta per sbatterli fuori.
Una decisione inspiegabile per l'avvocato di Pascale: «Non capiamo l'atteggiamento del Vaticano, perché da aprile 2017 è lo Stato che paga l'affitto ogni mese», spiega Baptiste de Monval. Nell'agosto 2016, lo sfratto viene pronunciato prima di essere sospeso. Considerata la vulnerabilità degli inquilini, spetta al governo saldare ogni mese in attesa della ricollocazione in una casa popolare. Che però non avviene anche a causa di un dossier incompleto.
Arrivata a Parigi nel '61 dalla Tunisia, la famiglia - con i genitori ancora vivi all'epoca - si trasferì in questo alloggio di 160 metri quadrati al 41 di rue Bosquet. Dal 2015, di fronte alle crescenti difficoltà, la donna - ex direttore commerciale che dice d'aver lasciato il lavoro per prendersi cura dei suoi cari - non ha più pagato. La spirale inizia: l'appartamento al primo piano si trova in uno dei quartieri più costosi di Parigi e il canone è di 3.700 euro mensili. Oneroso per inquilini pressoché nullatenenti e con disabili a carico: suo fratello lotta contro un cancro. Il debito arriva a 110mila euro, poi l'affitto diventa a carico del contribuente francese, col Vaticano che lo avrebbe regolarmente incassato. Lo Stato francese ha provveduto a ridimensionare il buco, ma non le spese di acqua, luce e gas. Ci si chiede perché la Santa Sede non accolga una famiglia indebitata, compresi due adulti gravemente disabili, e anzi l'abbia quasi sfrattata. Quando invece, in un palazzo occupato a Roma che aveva 300mila euro di debiti, l'elemosiniere del Papa ritenne opportuno calarsi nella centralina e staccare i sigilli dal contatore per riportare la luce.
Errore umano o terribile cinismo della Sopridex, che gestisce i beni immobili vaticani a Parigi? Venerdì sera è stato concesso a Pascale un periodo condizionale dai giudici. Per l'avvocato de Monval, stavano per essere cacciati: fuori a inizio settembre, l'ultimatum per conto della Santa Sede. Il 2 agosto, la Corte di Parigi ha invece concesso una proroga alla scadenza dei termini fino al 2 gennaio 2020, portandola al 31 marzo per scongiurare un inverno all'addiaccio.
«Vittoria parziale, perché Pascale pagherebbe, se i soldi li avesse - spiega l'avvocato - La decisione non risolve nulla», insiste de Monval, definendo il caso kafkiano: Pascale, figlia di un pluridecorato veterano della Seconda guerra, con 1.198 euro al mese non è stata in grado di rispettare il contratto di locazione, ma il giudice ha subordinato la proroga «al pagamento puntuale e regolare pari all'importo dell'affitto mensile e delle spese».
Da Sopridex, no comment. La società ha avuto inquilini famosi (come l'ex presidente François Mitterand o l'ex ministro Bernard Kouchner) e oggi ha attività iscritte a bilancio che stando a quanto raccontato da Emiliano Fittipaldi nel libro Avarizia «arrivano a 46,8 milioni di euro». Le Parisien parla di «centinaia di unità immobiliari tra negozi e appartamenti sugli Champs-Elysées, nel centro storico e a Montparnasse».
Una decina di anni fa, Jean Michel Coulot, già vice segretario generale della Conferenza episcopale, spiegava a Repubblica che gli affitti vaticani a Parigi equivalgono a un reddito fra i 10 e i 20 milioni di euro usati per la manutenzione di scuole e chiese.
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