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"Scuola e lavoro devono cambiare E non può essere la sinistra a farlo"

Il senatore Sacconi: "I progressisti corporativi, riforme solo per assumere prof. Così persa la sfida dello sviluppo"

"Scuola e lavoro devono cambiare E non può essere la sinistra a farlo"

Roma Maurizio Sacconi, dalle audizioni della commissione Lavoro del Senato che presiede, in particolare dalla relazione su Industria 4.0, emerge che in Italia continuano a mancare competenze che servono alle aziende. È così?
«Arriviamo all’appuntamento con la quarta rivoluzione industriale con un sistema educativo e formativo disastrosi. La Buona scuola si è risolta in una stabilizzazione di massa dei docenti a prescindere dalle necessità didattiche, senza fare decollare un vero sistema di valutazione e senza avere conferito ai dirigenti scolastici veri poteri gerarchici nelle istituzioni educative».

Di chi è la colpa?
«Il vizio del nostro sistema educativo si chiama autoreferenzialità. Dominano le corporazioni, sono dominanti i loro interessi egoistici e non è al centro la persona».

Gli studenti protestano contro l’alternanza scuola lavoro. Hanno ragione?
«Quando ci sono cattivi esempi di alternanza scuola lavoro la responsabilità non è del lavoro. L’alternanza è sempre scuola che si realizza in un ambito diverso dall’aula. È la scuola a essere carente quando non è capace di individuare l’ambiente giusto e a dirigerlo in funzione del giovane».

Poi c’è l’università...
«La moltiplicazione e la dequalificazione dei percorsi triennali indebolisce essenziali conoscenze di base. Al centro di decisioni di questo tipo ci sono le cattedre e non le persone. Ci sono voluti anni per introdurre gli uffici di placement che non sono ancora a regime. Per non parlare di molta parte del sistema formativo che è fatto solo per favorire i formatori».

Le soluzioni?
«La prima sfida è il cambiamento di metodi e contenuti pedagogici, l’applicazione di rigorosi sistemi di valutazione. A questo bisogna aggiungere un immediato urgente piano nazionale straordinario di alfabetizzazione digitale degli adulti. Se vogliamo evitare una eccessiva sostituzione di uomini con macchine, se vogliamo preparare persone ai nuovi lavori, se vogliamo riqualificare i servizi di cura alla persona che vive più a lungo, ma in condizioni spesso peggiori, questa è la grande sfida. Tocca alle forze di centrodestra gestire questa sfida. La sinistra non può: da ideologica è diventata corporativa».

Altre misure concrete che dovrebbe prendere un governo di centrodestra?
«Sostegno alla domanda di formazione. Portare a sistema strumenti come le borse di studio e i prestiti d’onore per gli studenti. L’assegno di ricollocamento per i disoccupati, piena deducibilità delle spese per formazione dei lavoratori autonomi. Credito di imposta per le imprese. Il buon funzionamento dei fondi interprofessionali bilaterali».

Le leggi sul lavoro devono ancora cambiare?
«Serve meno legge e più contratto. La legge deve tutelare solo i diritti fondamentali perché è lenta e rigida. Il contratto è duttile, flessibile e veloce. Quando dico contratto intendo quello nazionale, aziendale, individuale, territoriale. Il contratto dei metalmeccanici ci indica questa strada. Il contratto più tradizionale è diventato il più innovativo».

In un’era di cambiamenti così veloci, cosa resta?
«La dimensione familiare. Occorre non solo un’educazione alle competenze, ma anche e soprattutto un’educazione morale, figlia dei principi della tradizione, per distinguere il bene dal male sulla rete e non esserne dipendenti.

Il centrodestra deve sentire su di sé una missione educativa perché la crisi che viviamo è una grande perdita di senso. Deve promuovere la vita, la famiglia, la libertà delle scelte educative. Se non lo facciamo noi, pensiamo per caso lo possa fare la sinistra?».

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