Sembra una specie di «sindrome di Guantanamo», quella del ministro della Giustizia. Andrea Orlando, in un'intervista al Corriere della Sera, spiega che bisogna trattare bene i detenuti di fede musulmana, per evitare di alimentare un loro pericoloso risentimento verso l'Occidente e spingerli tra le braccia dei fanatici jahidisti.
Quello che dice il Guardasigilli, in sostanza, è che i 10 mila carcerati islamici, di cui 6 mila religiosi praticanti, vanno maneggiati con cautela. Più degli altri, perchè possono trasformarsi in «una bomba», andando ad ingrossare le fila degli estremisti. Dunque, bisogna garantire loro «più diritti», a partire da quello di praticare la loro religione in moschee interne ai penitenziari, che sono presenti in 70 penitenziari, ma non in tutti i 203.
Ora, dando per scontato che i diritti dei detenuti vanno rispettati e, malgrado i vari provvedimenti «svuotacarceri» sollecitati anche dall'Europa, rimaniamo nel pieno di un'emergenza che molti di questi diritti li nega a tutti, appare quantomeno strano che il ministro parli di una sorta di «corsia preferenziale» per i soli ristretti musulmani. Con una motivazione utilitaristica: «La negazione dei diritti è il primo presupposto del reclutamento radicale».
La negazione dei diritti è il presupposto di molte cose, c'è da dire il giorno dopo il suicidio di un detenuto rumeno nel carcere di Milano, commentato in modo vergognoso sul web da alcune guardie carcerarie.
E qui veniamo alla «sindrome di Guantanamo». Orlando ricorda che, secondo l'indagine del Senato Usa, «misure estreme, oltre a violare i diritti fondamentali delle persone (come se questo fosse secondario, ndr ), non sono di ausilio effettivo nella lotta al terrorismo globale ma rischiano di alimentarlo». Misure estreme? Si può dunque accostare un luogo di torture e di sospensione dei diritti umani come Guantanamo alle carceri italiane? Se lo fa il nostro ministro della Giustizia come ci si può sorprendere poi che uno Stato come il Brasile rifiuti l'estradizione al terrorista Cesare Battisti perchè nelle nostre carceri rischierebbe di essere torturato?
Il Guardasigilli parla anche dei responsabili degli attentati di Parigi e Copenaghen che, a quanto sembra, proprio nelle prigioni hanno coltivato il fanatismo e stretto rapporti con gruppi violenti. Analisi certo preoccupante, che giustifica più attenzione degli operatori carcerari per individuare alla radice l'evoluzione estremista di certi detenuti islamici. Però Orlando aggiunge che non si può controllare ciò che avviene nelle moschee interne alle carceri e auspica un «uso prudente» dei nuovi poteri riconosciuti ai servizi segreti con l'ultimo decreto antiterrorismo. E questo malgrado riconosca che si registrano «atteggiamenti ostili e conflittuali di detenuti di origine musulmana», assolutamente «da non generalizzare».
Quindi, per allontanare la tentazione Jihad, si dovrebbero riconoscere ai detenuti musulmani diritti anche di culto che agli altri vengono negati (nei penitenziari ci sono sinagoghe o chiese ortodosse e protestanti?), ma senza controllarli nè infastidirli troppo. Confidando nella bontà d'animo che la bontà stessa innesca. Nel dialogo con l'Islam moderato.
«Buonismo»? No, il ministro non si sente affatto a rischio per accuse così.
La sua posizione, però, fa il paio con quella del collega degli Esteri Paolo Gentiloni, che risponde alle minacce dell'Isis, affrettandosi a precisare che lui, no, non si considera affatto un «crociato».di Anna Maria Greco
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