Serve anche una strategia contro il nemico interno

Non ci sono due fronti, i nemici non hanno divise riconoscibili ma vivono in mezzo a noi, frequentano le scuole dei nostri figli

Serve anche una strategia contro il nemico interno

Siamo in guerra, anche se molti si rifiutano di accettare questa realtà. Certamente questa non è una guerra convenzionale perché l'evoluzione dei conflitti ne ha trasformato il terreno di scontro, gli obiettivi e addirittura il fine.

E si è superato pure il concetto di guerra asimmetrica, come lo abbiamo conosciuto sui teatri di Iraq e Afghanistan. Non ci sono due fronti, i nemici non hanno divise riconoscibili ma vivono in mezzo a noi, frequentano le scuole dei nostri figli. I discorsi allarmati ma rassicuranti di premier e ministri sono aria fritta, non esistono prevenzione né livelli di sicurezza da aumentare, il terrorismo jihadista può colpire dove e quando vuole perché in questa nuova guerra vale più un cane sciolto che un'intera divisione di soldati. E tutto questo perché i nostri governi, come il re Priamo nell'Iliade, hanno aperto le porte al cavallo di Troia considerando, nella loro follia buonista e politicamente corretta, l'immigrazione incontrollata un segno di pace e di dialogo. Un insano atteggiamento che ha spinto l'Occidente a cercare l'amicizia a tutti i costi con l'integralismo islamico e i suoi padrini, illudendosi di controllare il corso degli eventi e della storia. Se oggi il jihadismo ha la forza di dichiararci una guerra senza quartiere è anche colpa nostra. Sì, è l'Occidente ad aver creato e alimentato il mostro.

Quando c'era la Cortina di ferro abbiamo risvegliato e incoraggiato il fervore islamico, finanziando scuole coraniche e armando i gruppi integralisti per combattere l'ateismo comunista. Poi, per preservarci da possibili attacchi, abbiamo addirittura stretto accordi con il terrorismo palestinese, come fece Aldo Moro. Infine, abbiamo sostenuto le primavere arabe, mettendo al potere i Fratelli musulmani in Egitto, rovesciando Gheddafi in Libia, finanziando i gruppi terroristici in Siria per fare una guerra sotterranea all'Iran e ai suoi alleati. Sempre con la maledetta illusione di poter controllare gli integralisti. Un fallimento totale, come possiamo costatare, perché l'islamismo concepisce solo due fronti: il proprio e quello degli infedeli. Non ne esistono altri. E giacché noi siamo infedeli, ci considerano nemici e ci fanno la guerra, senza se e senza ma. Non bastano però i raid aerei né sarà sufficiente un impegno militare sul campo, che rimane comunque indispensabile. Abbiamo anche un fronte interno e dobbiamo combattere un nemico che vive tra noi. Non servono strategie o tattiche creative, basterebbe copiare ciò che hanno fatto i nostri padri nel passato.

Nel secondo conflitto mondiale, infatti, oltre al fondamentale utilizzo della propaganda (che oggi vede vincente il jihadismo), erano state chiuse le frontiere, i cittadini dei paesi nemici venivano espulsi e gli immigrati con il passaporto del paese che li ospitava, se ritenuti una minaccia, venivano internati o erano sorvegliati speciali. Una politica che era comune sia alla Germania nazista sia alla democratica America. Oggi, come ieri, i cittadini hanno il diritto-dovere di conferire poteri speciali alle autorità in caso di guerra e hanno sempre il diritto-dovere di revocare tali poteri quando l'emergenza ha termine. Questa è la forza della democrazia. Hollande ha capito di essere in guerra, anche se in ritardo. Noi invece facciamo ancora gli struzzi, ci distinguiamo per i distinguo, come il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che parla di «combattere i terroristi sul piano militare ma senza entrare in una dinamica di conflitto». Non comprendiamo cosa intenda dire, però potrebbe spiegarlo ai terroristi del Califfato, ai quali piace affondare il coltello in Europa, grazie soprattutto ai ventri molli come il nostro.

Siamo in guerra, caro ministro, non perché la vogliamo noi ma perché ce l'hanno dichiarata. I conflitti, checché ne pensi il partito salottiero e multiculturalista di Gentiloni, non si vincono con le chiacchiere o il compromesso. La guerra si vince combattendo.

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