Come separati in casa tra Madrid e Barcellona ora è una guerra che si combatte a suon di nervi. E tutto va bene per servire la causa. Ieri era festa nazionale, la scoperta dell'America, e mai come ieri l'orgoglio spagnolo è stato celebrato, registrando una partecipazione popolare «storica», con migliaia di persone che hanno riempito i quasi due chilometri di percorso del Paseo de la Castelllana di Madrid. Sfilate, parate a santificare lo slogan della parata «orgogliosi di essere spagnoli». A Madrid come nelle altre città della Spagna, 800mila euro di costi, 420mila solo per le parate. A sfilare nella capitale 78 aerei militari, tremila e novecento militari, tra militari dei tre eserciti, agenti della Guardia Civil, polizia e uomini della Guardia Real unità a cavallo, veterani, mezzi di terra. E poi la partecipazione per la prima volta della polizia nazionale, messa a dura prova dalle tensioni in Catalogna. Una parata anche con incidente: un aereo da caccia che partecipava è precipitato al suo ritorno alla base nel sudest del Paese uccidendo il pilota. Ed a Barcellona è finita a sediate durante la manifestazione.
Bandiere ovunque a sventolare, una anche al collo della sorella del Re Felipe, un'altra da record, lunga 43 metri e larga 17, a coprire un'intera facciata di un palazzo. Folla come non se ne vedeva da tempo, tanto che per permettere a tutti di poter assistere le autorità hanno cambiato e allungato il percorso. Il Paese che compatto e unito ritrova un attaccamento alla madre patria, senso di appartenenza gettato in faccia ai separatisti, ai catalani, ma anche ai baschi hanno lasciato le loro sedie vuote. Un boicottaggio voluto e rivendicato con una comunicazione diramata dai sindaci della Catalogna che si dissocia dalla grande parata. Dalla celebrazione della vittoria della conquista dell'America. Come a rinfacciare che loro si sentono proprio così, dominati, sottomessi. E ora basta, il corso della storia è da riscrivere. In tutto. A partire anche da quella monarchia che oggi è grandemente rispolverata, rinverdita, esaltata. Felipe in uniforme militare applaudito e celebrato come un'icona, salutato con «Viva il re!». Gloria a questo sovrano che in questi giorni ha ottenuto messaggi di solidarietà, di vicinanza, di sostegno. Tutto merito di quel discorso fatto alla nazione dopo quella terribile domenica in cui si è svolto il referendum catalano. Gli spagnoli incollati alle televisioni hanno ritrovato il valore di quella monarchia che scandali e processi avevano fiaccato. Il popolo fiero si rintana sotto l'ombrello della corona, dell'identità, della bandiera. Barcellona è sempre più isolata, le imprese stanno fuggendo, le banche sono già andate via tutte. E questa marcia è un'altra iniezione morale, ancora una calorosa pacca sulla spalla di un Paese che messo alla prova ce la può ancora fare, che il popolo è unito e fermo. Compatto.
Ieri si è celebrata la voglia di unità di fronte alla sfida secessionista con simboli e valori che hanno ritrovato il loro significato, da sbattere in faccia ai disobbedienti, ai traditori, ai golpisti che non capiscono che la madre è una.
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