Spread alle stelle, Borsa giù. Paura per il debito pubblico

Il divario con i bund vola a 300, Piazza Affari perde un altro 2,6%. La Bce valuta lo stop all'acquisto di Btp

Spread alle stelle, Borsa giù. Paura per il debito pubblico

«Le sorti dell'Italia non dipendono dai mercati». In un raro sprazzo di lucidità, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ne ha detta ieri una giusta. Anche se chi investe, qualche ipoteca sul nostro futuro la sta però già mettendo. Numeri alla mano, la scelta di Sergio Mattarella di uccidere in culla il governo giallo-verde, per puntare su un esecutivo con la scadenza già impressa come un vasetto di yogurt e che ora potrebbe perfino non vedere la luce, è stata ieri bocciata dai mercati su ogni fronte. Da quello borsistico, con Piazza Affari finita in ginocchio (-2,65% finale, dopo un'escursione da brividi a -3,55%) mentre attorno ai titoli del settore bancario, collassati del 4,7% (quasi il 9% in appena due sedute) è stata fatta ancora terra bruciata; a quello, soprattutto, di tutto ciò che rimanda al debito pubblico tricolore. Se lo spread, balzato a 303 punti, un salto di oltre 60 rispetto a lunedì, è la plastica rappresentazione del livello di allarme, anche lo sguardo più laterale sui rendimenti dei titoli di Stato non è meno inquietante. Lo è l'appiattirsi della curva dei tassi fra il Btp decennale (al 3,3%) e quello dei biennali (al 2,25%). In genere, questa forbice è fortemente divaricata: l'accorciamento di queste ore è l'alert dell'aumentata percezione del rischio Paese nel breve termine.

Un pessimo segnale, riflesso anche dal deludente esito dell'asta dei Bot semestrali dove il tasso è volato all'1,213%, ai massimi dalla fine del 2012. L'elemento di assoluta novità è dato inoltre dal fatto che l'instabilità politica italiana ha finito per contagiare tutta l'Europa (Madrid, peraltro alle prese con una crisi di governo, ha ceduto il 2,49%, Londra l'1,26% e Francoforte l'1,53%), si è estesa anche a Wall Street (-1,8% il Dow Jones a un'ora dalla chiusura) e ha indebolito l'euro, sceso a 1,15 dollari. Perfino la Grecia segue con una certa «inquietudine» ciò che succede nel Belpaese. E non senza ragione: Atene riporterà a breve i suoi titoli di Stato sui mercati, e se la situazione politica italiana degenerasse il costo di quel ritorno potrebbe essere insostenibile.

Insomma, i danni cominciano a essere ingenti. E lo sono ancor di più se si ragiona in prospettiva. Per esempio, le picchiate degli indici azionari consiglieranno alle centinaia di piccole e medie imprese che intendevano quotarsi di tenersi alla larga da Piazza Affari. E cosa potrà accadere se l'Italia non si presenterà, o avrà una rappresentanza a scartamento ridotto, al vertice dell'Eurogruppo di giugno, quello chiamato a discutere di temi cruciali come l'unione bancaria, il nodo migranti e il budget da qui al 2022? Oppure se il debito pubblico continuerà a salire? Moody's è stata ieri chiarissima: «Il rating sarà probabilmente rivisto al ribasso se arriveremo alla conclusione che, chiunque formi il prossimo governo, porterà avanti politiche fiscali insufficienti a mettere il debito su una traiettoria sostenibile e al ribasso nei prossimi anni». Un eventuale declassamento sotto il livello di investment grade, impedirebbe alla Bce (ma anche agli investitori istituzionali) di proseguire nell'acquisto dei nostri bond sovrani. Un disastro.

E mentre Mario Draghi tace, la tedesca Sabine Lautenschlaeger, membro del consiglio direttivo dell'Eurotower, spiega che «giugno potrebbe essere il mese in cui decidere, una volta per tutte, di mettere fine gradualmente al programma di acquisto di attività entro la fine dell'anno». Parole che suonano come un'altra minaccia rivolta all'Italia.

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