L e carte di Panama, anzi Panama papers, scuotono il mondo è pure l'Italia. La corsa alla lista è cominciata, ma i nomi escono col contagocce. Anzi, non escono proprio. Siamo, almeno per il capitolo tricolore, a quel pugno di vip o presunti tali divulgati dal sito dell'Espresso domenica: il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo, il pilota di Formula 1 Jarno Trulli, Oscar Rovelli, figlio di Nino Rovelli della Sir, l'imprenditore Giuseppe Donaldo Nicosia, socio di Marcello Dell'Utri in una società sotto processo a Milano per bancarotta.
Un assaggio rispetto agli ottocento nomi delle carta panamensi: imprenditori, professionisti, politici, sportivi o chissà che altro, tutti clienti dello studio Mossack Fonseca di Panama, tutti pronti a convogliare le loro fortune, o parte di esse, nei conti offshore gestiti con l'aiuto degli esperti centroamericani. L'elenco, sterminato, delle 214mila società agganciate alla rete fiscale panamense è nella disponibilità del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) che ne regola la pubblicazione. Dunque, almeno per gli ottocento connazionali, dovremo aspettare la prossima puntata del settimanale. A meno di non pensare a fughe di notizie sulla notizia. Ieri, lette le anticipazioni e le indiscrezioni, anche diversi soggetti istituzionali hanno cominciato a muoversi: la procura di Milano, ha avviato gli accertamenti e lo stesso input è partito al Comando generale delle Fiamme gialle, a Roma.
L'agenzia delle entrate ha comunicato ufficialmente l'apertura di una pratica per identificare gli italiani e valutare in una seconda fase se e cosa contestare loro. Ma a tutti l'Espresso ha risposto che il complesso accordo raggiunto fra i 280 giornalisti che hanno avuto accesso ai file dev'essere rispettato e quindi i nomi verranno centellinati, puntata dopo puntata.Certo, la talpa che ha trafugato i documenti, ha lavorato in grande: il parterre comprende personaggi vicinissimi al presidente russo Vladimir Putin, il re dell'Arabia Saudita insieme al padre del premier britannico David Cameron, il calciatore Lionel Messi, il numero uno dell'Ucraina Petro Poroshenko, solo per citare qua e là qualche potente di indubbio richiamo. Ma al di là dei tempi dell'operazione editoriale, guidata dalla Süddeutsche Zeitung, resta il fatto che la lista rischia di non portare da nessuna parte. «Abbiamo già visto qualcosa di simile con il report Falciani, che pure era molto più piccolo e modesto - spiega al Giornale un alto ufficiale della Guardia di Finanza - anche allora ci siamo mossi per recuperare i nomi e poi abbiamo iniziato un lavoro faticosissimo e alla fine sostanzialmente inutile per controllare tutti i nomi e verificare gli eventuali reati a loro addebitabili: dall'evasione fiscale al riciclaggio. Solo che ci siano arenati contro mille ostacoli: la difficoltà di controllare le generalità delle persone citate nella lista; le possibili omonimie e il rifiuto di collaborare con l'autorità giudiziaria, i tempi di prescrizione troppo stretti e le differenti interpretazioni della norma da parte della magistratura».
Un copione che potrebbe puntualmente ripetersi davanti a questa ondata senza precedenti di rivelazioni che riguardano 214mila società dislocate in 21 paradisi fiscali. Il capitolo italiano riguarderebbe circa 800 persone o società, come Unicredit e Ubi, pure coinvolte nelle loro proiezioni panamensi. Per ora gli interessati, da Trulli a Montezemolo, smentiscono su tutta la linea ma a complicare una realtà già complessa e a tratti confusa arriva anche la dichiarazione di Giovanni Donzelli, capogruppo di Fratelli d'Italia alla regione Toscana: «A Panama ci sono società vicine al premier Renzi».
In particolare, prosegue Donzelli, «due società con sede a Panama, la Torrado Holdings e la Tressel Overseas, hanno quote della Egnazia Shopping Mall, di cui l'amministratore unico è Lorenzo Rosi e per cui ha svolto un ruolo da consulente lo stesso papà del premier, Tiziano Renzi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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