Quel tam tam su Panetta. Il Pd si porta avanti con l'alter ego di Draghi

I dem temono uno scossone nella fase post epidemia e puntano sull'ex dg di Bankitalia

Quel tam tam su Panetta. Il Pd si porta avanti con l'alter ego di Draghi

Il ministro per gli affari europei, Vincenzo Amendola, appartiene a quella costola del Pd che proviene dalla tradizione post-comunista di stampo riformista, gente che ha impiegato il suo tempo nel tentativo di contaminare le categorie del socialismo con quelle liberali. La sua analisi sul presente è netta. «Per ora spiega - non vedo alternative all'attuale quadro politico. La penso come Berlusconi. Anche perché Salvini e la Meloni per 10 minuti fanno i responsabili, ma poi ricominciano a scassare tutto. Non mi sogno di dire che questo è il migliore dei governi, ma è quello possibile, perché sono proprio Salvini e la Meloni con il loro atteggiamento a compattarci attorno a Conte. Poi certo c'è il problema di fondo, quello che un nostro ex parlamentare, il prof. Franco Cassano descrive con queste parole: il compito della politica nei prossimi mesi sarà quello di gestire la rabbia, la ferocia della gente nella fase post-epidemia. Parla proprio di ferocia. E io sono d'accordo. Ma sarà una ferocia che rischia di travolgere tutti, pure Salvini».

Il leghista Stefano Candiani è stato l'uomo ombra del leader del Carroccio al Viminale, era uno dei suoi sottosegretari. «Conte sta compiendo un vulnus democratico è il suo punto di vista : tratta in Europa senza aver preso nessun impegno con un voto davanti al Parlamento. Mattarella dove sei? Il premier lo fa per compattare i suoi, ma gioca con il fuoco. Lui tira a campare ma fa tirare le cuoia al Paese: la gente incazzata non perdona».

«Rabbia», «ferocia», «scherzare con il fuoco!», «gente incazzata»: queste sono le espressioni che descrivono il futuro prossimo e la previsione accomuna due punti di vista opposti nella geografia politica. E anche l'interrogativo che l'accompagna è identico: Conte e il suo governo saranno capaci di affrontare una fase drammatica che mette insieme emergenza economica e sanitaria? Il premier sarà nelle condizioni di sopire la paura e di soddisfare la fame? Eh sì, perché il verdetto sul governo non sarà emesso in base alle trattative di Bruxelles, ma su ciò che arriverà oggi non un domani - in tasca alle persone, cioè sull'economia reale. O meglio, sulla percezione che ne avrà l'opinione pubblica. E i segnali sono tutt'altro che buoni: il neo presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, parla di «voragine del Pil di tremenda» e di «una classe politica smarrita»; il presidente di Tecné Carlo Buttaroni prevede «cinque milioni di poveri in più».

Pure i dati che sforna ogni settimana la maga dei sondaggi, Alessandra Ghisleri, non sono incoraggianti: gli ultimi, di ieri, raccontano che in una settimana l'indice di gradimento di Conte in Italia è passato dal 47 al 45%. Più o meno quello che raggiunge in Lombardia Attilio Fontana, cioè il 44%, un governatore che è considerato in mezzo ai guai. Per avere empatia con il Paese il premier dovrebbe avere ben altre percentuali, visto che nella tragedia i popoli si stringono attorno ai loro capi: non per nulla gli altri primi ministri europei viaggiano attorno al 70%; addirittura la Merkel una settimana fa raggiungeva l'80%. E stesso discorso vale per i governatori: Zaia è all'82%; Bonaccini al 78,7%; Cirio al 61%; Toti al 52%.

Per cui un mondo politico in piena confusione da una parte immagina che il governo andrà avanti, dall'altra, però, si prepara ad altre soluzioni. Se Matteo Renzi non dà all'attuale esecutivo un orizzonte politico superiore al mese e mezzo, lo stesso Conte dimostra di essere «nervoso». Particolarmente «nervoso». Una riprova è nell'atteggiamento estremamente diffidente con cui ha accompagnato l'insediamento della comitato che dovrebbe curare la «fase due»: ha messo accanto a Vittorio Colao, che considera un possibile competitor, 16 persone. Ha trasformato l'organismo in una palude. Per cui prima di avere un «piano» per la riapertura trascorreranno settimane. Un tempo che stride, invece, con la voglia spasmodica grillina di portare subito a casa le nomine negli Enti Pubblici. La logica, vecchia come il cucco, è semplice anche se sul piano dell'immagine rischia di trasformarsi in un boomerang: il governo distribuisce «poltrone» ora visto che «del doman non v'è certezza»; e tenta di usare il Potere per consolidarsi. «Dovrebbero dare il pane e fare le nomine ironizza l'azzurro Giorgio Mulè alla fine faranno solo le nomine e non daranno il pane».

Così torniamo al dilemma di fondo, all'interrogativo che percorre la maggioranza come l'opposizione. Quello che nell'area del Pd più vicina alla tradizione post-comunista, quella del vicesegretario Andrea Orlando, è indicato con l'espressione «rottura socio-politica». Si ragiona, insomma, su come affrontare «l'armageddon» con un alleato instabile come i 5stelle (ieri è rispuntato Di Battista per sparare contro l'Europa). E ovviamente, sotto sotto, si ragiona sui nomi per un nuovo governo, che echeggiano quelli che vanno per la maggiore anche dalle parti dell'anima più pragmatica della Lega, quella di Giancarlo Giorgetti. Anche lì si spera in Mario Draghi, ma si immaginano anche altre personalità che possano dare al nostro Paese un maggior peso a Bruxelles, perché le risorse per affrontare la tragedia si chiamino Bce, recovery fund, Sure o Mes possono arrivare solo da lì. Così nelle congetture affiora il nome dell'ex direttore generale di Bankitalia e ora membro del board del Bce, Fabio Panetta. Se ne parla a tal punto che negli ultimi tre giorni quell'identikit è finito due volte nel notiziario dell'agenzia Dire, di area Pd. Del resto il personaggio è da sempre considerato un «alter ego» di Draghi. Lo stesso ex governatore della Bce da sempre restio ad andare a Palazzo Chigi - lo ha sponsorizzato in passato. Come ha raccontato questo giornale, ai politici che nell'autunno scorso andavano in pellegrinaggio nella tenuta umbra, Draghi ha spesso regalato questo ragionamento: «Ormai sulla scena politica è arrivata una generazione di giovani, di quarantenni, e io ho 72 anni. Ci sono grandi istituzioni in cui si possono trovare personalità all'altezza. Bankitalia ad esempio. E Fabio Panetta, che da Bankitalia è arrivato in Bce, potrebbe essere un buon premier».

Un altro nome, quindi, che si aggiunge ai tanti che girano in queste settimane: è la conferma che nel Palazzo c'è la consapevolezza che la crisi da grave, potrebbe diventare «pericolosa»; ma è anche la presa d'atto che si è prigionieri di una condizione di «stallo» frutto dell'insipienza di un'intera classe politica. «I veri puntelli che tengono in piedi il governo Conte ironizza Gianfranco Rotondi sono Salvini e la Meloni con le loro pregiudiziali ideologiche.

Berlusconi sul Mes si è già sganciato per assumere una posizione centrale. Non si rendono conto che se questa classe politica non offre soluzioni, che sia un Conte Ter o quant'altro, qualcosa cioè che sia all'altezza della crisi, rischiano di arrivare i generali».

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