Time sbaglia copertina. La persona dell'anno è la caccia alle streghe spacciata per coraggio

La rivista americana celebra come simboli del 2017 le donne molestate. Tra chi denuncia ci sono vittime ma anche tante furbe in cerca di fama

Time sbaglia copertina. La persona dell'anno è la caccia alle streghe spacciata per coraggio

Tra la femmina accusatrice e il maschio accusato, il Time sa da che parte stare. Che la faccenda ci fosse sfuggita di mano, era chiaro da un pezzo, lo testimonia il vortice di denunce, sospetti e illazioni, il più delle volte per via mediatica e non giudiziaria, in un puzzle orwelliano di avance, molestie e stupri come concetti ormai sovrapponibili. La prestigiosa rivista americana che lo scorso anno incoronò come persona dell'anno il comandante in capo delle forze armate statunitensi, Donald Trump, esalta la delazione spacciandola per coraggio, osanna la «polizia del quotidiano» mascherandola per una meritoria campagna civile.

Tra le «silence breaker» della storia di copertina ci saranno indubbiamente anche vittime di violenze vere, non inventate, ad opera di orchi veri, non inventati. Tuttavia la scelta di trasformare in persona dell'anno la mobilitazione rosa internazionale, fondata sulla delazione delle molestie sessuali e destinata a contaminare in modo irreversibile i rapporti tra uomo e donna, desta non poche perplessità. In un paese civile, se qualcuno subisce una molestia, si reca in procura, non in una redazione giornalistica.

Appartiene a una concezione tribale della giustizia l'idea che, per riparare il torto subito, sia lecito brandire l'arma della «character assassination» al fine di colpire il presunto orco nel bene più prezioso, la reputazione personale, attraverso il metodo spietato della lapidazione mediatica. La vendetta non è mai giusta. La donna vittima di molestie, che sceglie di non denunciare per mesi e anni interi, deve tacere per sempre. Suonerà forse impopolare ma è il solo argine contro la barbarie. Far sentire la propria voce una volta scaduti i termini per le vie legali, quando ormai non si genera altro effetto se non lo scempio mediatico nei confronti di un presunto colpevole, trasforma la vittima in carnefice, e viceversa.

Delle presunte colpe di lui non avremo mai certezza giudiziaria a séguito di un dibattimento fondato sul contraddittorio. Invece della violenza perpetrata nei confronti del porco, forse orco, le prove abbondano. Va da sé che non tutti i casi sono uguali, alcune donne hanno denunciato Harvey Weinstein, e non solo lui, secondo le regole della giustizia ordinaria, affinché le responsabilità di questi mezzi uomini siano dimostrate in un processo.

Eppure nel vortice inquisitorio si mescolano vittime vere e vittime di professione, molestie vere e molestie inventate al solo scopo di acquisire notorietà in un mondo dove la notorietà è un valore. Riconoscerlo non significa remare contro la causa femminile né assolvere i molestatori.

La verità è che dopo l'esplosione di questa caccia

all'uomo, intrisa di neopuritanesimo, nulla sarà più come prima. Woody Allen ha messo in guardia quello che una volta era il sesso forte: guai a salire in ascensore da soli con una donna, fate prima a chiamare l'avvocato.

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