I sindaci del Pd e la corsa alla Regione: per candidarsi senza far sciogliere i Comuni si fanno decadere.
Ccà nisciun è fess . In Campania i democratici non avranno ancora un programma chiaro per provare a conquistare il governo regionale, ma lo slogan per la rivoluzione di maggio è già pronto. E risuona a tambur battente nelle tante città dove illustri esponenti dell'illuminismo renziano hanno salvato dalla furia della rottamazione l'antico insegnamento giolittiano secondo il quale la legge si applica per i nemici e si interpreta per gli amici. E per se stessi, ovviamente.
La legge è quella (introdotta nel 2014 con la Finanziaria regionale) che fissa l'incompatibilità tra le cariche di primo cittadino e di consigliere regionale. Chi guida un Comune e aspira ad un seggio a palazzo santa Lucia è tenuto a scegliere: o dimettersi da sindaco e candidarsi alla Regione, aprendo le porte al commissariamento del Municipio, oppure tenersi stretto il Comune e rinunciare ai sogni di gloria. Un dilemma che ha aguzzato l'ingegno, fino a dar vita ad una ricetta che riempie lo stomaco salvando capra e cavoli.
Il marchio è Pd: s'inventa una lite pendente con il Municipio, ci si fa dichiarare decaduti dal consiglio e così, sbarrato il passo al commissario prefettizio, si lascia in piedi l'amministrazione comunale e, in caso di elezione, si incassa uno stipendio ben superiore a quello percepito in Comune. A San Sebastiano al Vesuvio Pino Capasso, deluchiano di stretta osservanza, con una multa per divieto di sosta ha centrato l'obiettivo: lite pendente, decadenza, candidatura alla Regione. E Comune in mano al suo vice, seguendo l'esempio dell'inventore del metodo, il compagno di fede e di corrente Franco Alfieri, primo cittadino di Agropoli: auto sulle strisce e verbale da 41 euro. «Si tratta di un modo per evitare i danni del commissariamento», ha ammesso lui, candido come un giglio fiorentino. «D'altra parte - s'è difeso orgoglioso, sorvolando sul processo che lo vede imputato per corruzione - c'è una forte spinta popolare che vuole che io vada ad occupare un posto alla Regione per risolvere i tanti problemi del territorio». Magari anche far riparare la buca ha inghiottito la vettura di Paolo Rossomando, che da automobilista danneggiato dalle strade dissestate di Giffoni Valle Piana ha chiesto un risarcimento al Paolo Rossomando democrat doc e sindaco. Nessuna omonimia. Solo un caso di dissociazione temporanea della personalità per agguantare lo scopo: decadenza, candidatura e zero commissariamenti. Più sofisticato l'escamotage di Tommaso Amabile: da sindaco di Fisciano s'è ricordato d'essere membro del cda della Bcc fiscianese. Ed ha convinto il Comune ad affidare proprio alla Bcc il servizio di tesoreria. Un nobile dell'astuzia. Magari un po' decaduto, ma per questo felice e candidabile. Come i suoi colleghi Nunzio Carpentieri da Sant'Egidio del Monte Albino e Dionigi Magliulo da Villa di Briano. Tutti appassionatamente in lista al seguito del vate Vincenzo De Luca, stratega dell'assalto alla presidenza nonostante una condanna in primo grado per abuso d'ufficio che, in caso di elezione, potrebbe far scattare le tagliole della legge Severino e lasciare la Campania senza governatore.
Si dice che le epiche gesta dei
sindaci capuani abbiano turbato i cantori della new age renziana, ma da Roma nessuno s'è fatto sentire. Del resto, perché mettere mano al ginepraio campano e rischiare di guastare gli equilibri romani? Ccà nisciun è fess.
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