Oggi il consiglio di amministrazione di Telt, la società di gestione del tunnel della Torino-Lione, darà il via libera alla pubblicazione degli avis de marché per i tre lotti francesi del tunnel da complessivi 2,3 miliardi di euro. L'iter, dunque, sarà avviato in modo da rispettare il termine del 31 marzo per ricevere il finanziamento europeo per il 2019 e non perdere i 300 milioni già stanziati da Bruxelles.
Il presidente di Telt, Hubert du Mesnil, sarà a Parigi con gli altri componenti francesi (Vincent Lidsky, Marie-Line Meaux, Laurent Pichard e Bruno Dicianni) e il direttore generale della società, l'ex commissario Tav Mario Virano, mentre in collegamento da Roma ci saranno i componenti italiani (Oliviero Baccelli, Roberto Mannozzi, Stefano Scalera e Paolo Emilio Signorini). Parteciperanno al cda, ma senza diritto di voto, i tre osservatori, rappresentanti rispettivamente della Regione Piemonte, della Regione Alvernia-Rodano-Alpi e della Commissione Ue.
Il punto di partenza della discussione sarà la lettera inviata venerdì dal premier Giuseppe Conte con la quale il governo italiano ha chiesto a Telt di «soprassedere dalla comunicazione dei capitolati di gara» e di «evitare di assumere impegni di spesa gravanti sull'erario italiano». Verrà poi data lettura della risposta della società in base alla quale nella quale si mette in evidenza l'«assenza di atti giuridicamente rilevanti» nonché la nota del ministro francese dei Trasporti, Elisabeth Borne, che ha chiesto all'Italia di dare il via all'opera. Salvo clamorose sorprese, al momento non prevedibili, il consiglio di amministrazione avvierà la pubblicazione degli avis equiparabili a delle manifestazione di interesse. Non essendo strutturati come i bandi previsti dalla normativa italiana, il Movimento Cinque stelle per ora è rassicurato nonostante i lavori siano destinati a non fermarsi.
Ieri durante In mezz'ora in più è stato il sottosegretario Giancarlo Giorgetti a spiegare ulteriormente il significato della locuzione «assenza di atti giuridicamente rilevanti». Come ha precisato l'esponente leghista, «per fermare la Tav serve una ratifica da parte del Parlamento, non la decide né il governo né il presidente del Consiglio», ha rimarcato Giorgetti. «La procedura di gara prevede che per sei mesi non ci siano obblighi per le parti; poi bisognerà vedere l'esito del negoziato che potrebbe produrre una modifica di impatto economico», ha aggiunto rilevando che in questo caso si andrebbe in Parlamento «per discutere questo tipo di modifiche» e auspicando che «la discussione sulla Tav produca un risparmio di costi per quanto riguarda la parte italiana».
Insomma, anche se il presidente del Consiglio ha scritto a Francia e Commissione Ue dell'intenzione di rinegoziare l'infrastruttura, egli non ha alcun titolo per fermare o avallare alcunché. Pur senza menzionarlo, Giorgetti ha voluto rilevare la preminenza del Trattato internazionale per la realizzazione della Tav, ratificato dal Parlamento del 2013, rispetto a qualsiasi altro tipo di valutazione dei protagonisti politici. E, in un certo senso, ha preannunciato che tale evenienza vedrebbe il Carroccio schierato a favore del sì visto il richiamo rivolto a Conte ha preso la parte di coloro che sono contrari all'opera.
La pubblicazione degli avvisi, infatti, non comporta immediatamente un vincolo finanziario né per Telt né per i governi italiano e francese ma, trascorsi i sei mesi previsti, la «clausola di dissolvenza» non è invocabile senza accordo con i partner e senza il voto del Parlamento.
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