Lo starter ha esploso il suo colpo in aria e i due nemici con i loro circhi mediatici hanno frustato i cavalli e sono partiti con i carriaggi verso le elezioni di novembre; poi verso l'insediamento di gennaio, dopo tre mesi di interregno con due presidenti: uno legittimo, ma in scadenza; uno legittimato ma in attesa. La democrazia americana nacque del resto a cavallo, tarata per le grandi distanze e visse di telegrafi, binari unici e pony express fra briganti indiani e disertori.
Noi dall'Europa parliamo degli Stati Uniti come se quel Paese fosse simile agli altri: alla Svezia, al confinante Canada, all'Australia, alla Cina, la Russia, la Francia...
Gli Stati Uniti invece sono di Italo Calvino che si staccò di pochi centimetri e poi di milioni di chilometri. Su quella Luna lontana ogni ventennio si accumulano milioni di nuovi stranieri. Quando con la guerra di secessione fu cancellata la Confederazione degli Stati del Sud non venne abolito soltanto lo schiavismo, ma fu anche distrutta una cultura (quella di «Via col Vento») più vicina a Parigi e a Londra che a Washington. Nell'ultimo decennio la statura media degli americani è diminuita di dieci centimetri a causa della massiccia immigrazione latina ed asiatica. I nuovi americani sono mulatti con gli occhi a mandorla. La lingua comune è sempre meno l'inglese. L'America cambia pelle e non è mai la stessa. Noi ci ostiniamo a scrutarla con le lenti del decennio precedente e andiamo fuori strada contro i segnali che dividono nella nostra immaginazione la destra dalla sinistra. Non è così. È una questione di sintonia, di «gut» di budella e la coglie vince il piatto e va a Washington DC.
Hanno torto tutti coloro che guardano alle elezioni del 2016 come se fossero un nuovo capitolo della vecchia corsa fra repubblicani e democratici, come ai tempi di Nixon contro Kennedy. Oggi, lo scandaloso e multi cromatico Donald Trump non rappresenta l'estrema destra. L'estrema destra era Ted Cruz, uno che cuoce la pancetta sulla canna della sua mitragliatrice. E quanto a Hillary Clinton (acclamata come Hillary e non come Clinton) ha da tempo perso l'ala sinistra del partito passata con Bernie Sanders e viaggia sospesa in una dorata nube «liberal» di idee vagamente di sinistra, di donne chic ma non femministe, di afroamericani in perenne ricerca di giustizia. Non è un caso che tutte le donne nere che hanno parlato alla Convention di Philadelphia erano madri di giovani neri uccisi dalla polizia: un po' poco per una politica di riscatto e rilancio. Dall'altra parte, quella trumpiana, le donne bianche frustrate e disoccupate se ne infischiano se «The Donald» spara battute da scaricatore di porto contro il genere femminile e lo votano lo stesso.
Emerge quindi la principale domanda: chi dei due candidati ha più possibilità di intercettare l'ultimo cambiamento, parlare agli abitanti della nuova Luna? Lo spregiudicato tycoon o la donna meno amata d'America? Non ci avventuriamo in profezie, ma sta di fatto che Trump è emerso dal nulla e ha mandato in pezzi il compassato partito repubblicano, dimostrandone fragilità miopia e inutilità. Dall'altra parte Hillary, a parte il genere femminile del suo corpo, non ha nulla di veramente nuovo da offrire, salvo l'esperienza alla Casa Bianca come moglie e poi quella di Segretario di Stato. E oggi ha nel carniere il sostegno di due ex presidenti: suo marito e Obama. Tutta l'America perbene è con lei. Dovrebbe rastrellare il novanta per cento del voto afroamericano, ma con sorpresa dello stesso Trump una parte del voto nero si è spostata verso i repubblicani perché Trump ha capito per primo.
Secondo il lessico di sinistra, se un leader capisce il popolo è un bieco populista che parla alla parte bassa della pancia anziché alla mente dei cittadini. Trump ha capito che una parte della vecchia America, specialmente quella bianca della classe media e povera, si sente soffocata dai nuovi arrivati. Succedeva anche un secolo fa quando a New York sbarcarono un milione di europei in un solo anno. Ma sbarcavano dopo aver superato visita medica e selezione della polizia, con le navi ancorate ad Ellis Island pronte a riportarli in Europa. La dura richiesta del muro col Messico dunque suona oggi rassicurante. Hillary ha dalla sua un apparato che gronda miliardi e che ha dietro di sé Wall Street, l'industriale i media. Ha speso una fortuna in spot televisivi. È sempre stata in testa nei sondaggi nazionali ma ora è finta sotto di quattro punti.
Nella gara planetaria sulle praterie americane mettono ormai il naso tutti da tutto il mondo e Trump sfacciatamente e per il gusto della boutade si appella ai russi affinché
facciano spionaggio per lui. È un altro mondo, un'altra America e presto ci sarà anche un'altra Europa. Dipende da chi vincerà la corsa a briglie sciolte, le Colt fumanti, i media digitali al posto del telegrafo della prateria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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