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Gli Usa non bastano più. Ora Trump punta la luna

Il presidente spinge per una nuova missione. Parte così la caccia al cinquantunesimo Stato

Gli Usa non bastano più. Ora Trump punta la luna

New York - Gli Stati Uniti potrebbero tornare sulla luna, e questa volta per rimanerci. Con Donald Trump presidente eletto, spinto dall'ex speaker della Camera con il pallino dello spazio Newt Gingrich, la Nasa potrebbe presto essere pronta ad una missione sulla superficie lunare. Già nel 2012, quando era candidato alle primarie del Grand Old Party, Gingrich aveva proposto di creare una colonia umana sulla Luna, promettendo che con lui presidente entro il 2020 ci sarebbe stata la prima base permanente sulla luna, e avrebbe battuto bandiera a stelle e strisce. Anzi, si spinse addirittura a prevedere che «13 mila americani» potevano diventare «residenti permanenti» e lanciare quindi una petizione per rivendicare lo status di 51esimo stato dell'Unione. E ora, mentre da Twitter fa sapere di non aver gradito l'imitazione del popolare attore Alec Baldwuin durante l'ultima puntata del celebre show Saturday Night Live («per niente divertente»), promuove l'idea di lanciare una spedizione allo scopo di valutarne la colonizzazione.

«È assolutamente plausibile ipotizzare che la nuova amministrazione organizzi una missione lunare, probabilmente di carattere internazionale, come passo sulla strada verso Marte», ha spiegato al Washington Post John Logsdon, decano degli analisti politici per lo spazio. «Politicamente, la maggior parte degli altri Paesi del mondo ha identificato la luna come una meta interessante - ha aggiunto - Se vogliamo affermare la nostra leadership internazionale, dobbiamo prendere posizione e condurre la coalizione». In effetti si tratta di un settore competitivo, considerando che anche Europa, Giappone, Russia e Cina hanno espresso il proprio interesse a organizzare spedizioni con equipaggio nei prossimi due decenni. E negli Usa anche due papabili per il ruolo di prossimo amministratore della Nasa nella squadra di Trump sostengono l'idea. Il primo è James Bridenstine, deputato repubblicano dell'Oklahoma, che ha preparato nei mesi scorsi una bozza di legge intitolata «American Space Renaissance Act», la quale prevede il ritorno sulla luna come parte della radicale riforma dell'agenzia spaziale. L'altro papabile è Scott Pace, ex incaricato politico della Nasa durante la presidenza di George W. Bush: a suo parere «l'agenzia può e deve essere uno strumento di politica estera degli Stati Uniti», e il ritorno dell'uomo sulla luna «presenta alcune opportunità dal punto di vista della presenza internazionale in caso non si possa per il momento puntare su Marte».

Anche l'ex presidente Bush aveva promesso di tornare sulla luna e la sua amministrazione aveva messo a punto il programma «Constellation», che prevedeva un altro sbarco nel 2020, ma il piano è stato smantellato da Barack Obama. Proprio il Commander in Chief uscente, il mese scorso, ha invece ribadito di aver «fissato un obiettivo vitale chiaro per il prossimo capitolo della storia Usa nello spazio: mandare esseri umani su Marte entro il 2030 e farli ritornare salvi sulla terra, con l'ambizione finale un giorno di restare lì».

«Stiamo lavorando in partnership con delle aziende private - ha detto Obama alla Cnn - per costruire nuovi habitat che possano far sopravvivere e trasportare astronauti in missioni di lunga durata nello spazio lontano».

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