Il governo incassa il primo successo con la disponibilità della Spagna di accollarsi i 629 migranti a bordo di nave Aquarius. Solo che dietro a una facciata fatta di idilli ci sarebbero le prime piccole crepe tra Lega e Movimento 5 stelle. «Condivisione totale per trovare soluzioni», annuncia il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli. «Sulla vicenda della Aquarius il governo è rimasto sempre compatto, alla faccia di chi trovava spaccature tra Lega e Cinque stelle», tuona Salvini. In realtà c'è chi dice che al vertice sull'immigrazione a Palazzo Chigi, l'altro ieri sera, il ministro pentastellato non abbia dato, almeno inizialmente, segni di grande convinzione.
I rumors non parlano di uno scontro vero e proprio, sia chiaro, ma Toninelli sarebbe stato più possibilista del collega del Carroccio sull'eventualità che, qualora non si fossero trovate soluzioni alternative, qualche migrante della Aquarius a terra si sarebbe anche potuto portare. C'è chi dice che sarebbero state titubanze dovute al fatto che la vera spaccatura è quella tra i due fronti del Movimento: da una parte i fedelissimi di Di Maio, tra i quali c'è anche Toninelli, dall'altra quelli del presidente della Camera, Roberto Fico, che avendo una cultura più di sinistra mostrano la loro faccia più solidaristica.
È il caso di Filippo Nogarin, sindaco di Livorno, che prima posta una dichiarazione con cui afferma che è disposto a prendere i 629 migranti nella città labronica, poi toglie il commento, probabilmente redarguito dai piani alti. Insomma, la verità sarebbe che all'interno del Movimento si starebbe cercando di dare agli italiani una visione compatta di vedute, evitando cenni di contrasti interni, proprio in nome della stabilità del Paese, ma in realtà qualche problemino di correnti ci sarebbe eccome. Ecco del perché dell'apparente titubanza di Toninelli, che in realtà ai microfoni di Radio Capital ha ribadito l'unità di intenti, ovvero opporsi con fermezza a chi pensa di scaricare ogni problema migratorio sull'Italia.
Salvini, peraltro, avrebbe chiarito, dicono da ambienti vicini alla Lega, che la linea dura è quella che paga. Così che il collega avrebbe accantonato i dubbi. Quel «la pacchia è finita», pubblicato alcuni giorni fa sulla pagina Facebook del leghista, la dice lunga sulle intenzioni del capo del Viminale, che non ha la benché minima intenzione di abbandonare la strada presa, ovvero quella di lavorare con impegno per risolvere il problema più grande che questo Paese abbia avuto da dieci anni a questa parte. In tutta questa storia, comunque, un dato di fatto certo c'è: ovvero che i consensi per Salvini stanno crescendo. E non lo dimostrano solo i risultati elettorali delle ultime consultazioni amministrative, che vedono la Lega volare praticamente ovunque, ma soprattutto i post degli italiani sui social, che, ormai è chiaro, sono il termometro del gradimento politico.
Tutto ciò darebbe non poche preoccupazioni a Luigi Di Maio, che si affretta a ricordare che alle elezioni i pentastellati dimostrano «una crescita lenta, ma costante», ma che in realtà sarebbe intimorito per la visione collettiva di un governo che, nonostante i discorsi, è ormai trainato da un unico, vero leader: Matteo Salvini. Ecco il perché delle dichiarazioni forti e in linea con quelle del capo del Viminale.
«Siamo compatti, va tutto bene, idee condivise», sono i mantra ripetuti dai 5 stelle.Ma dietro ci sarebbe il timore che anche i loro elettori, col tempo, possano virare verso una Lega sempre più forte, che ha fatto della lotta all'immigrazione incontrollata il suo cavallo di battaglia.
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