Mark Zuckerberg ha quasi 34 anni, eppure ieri aveva la stessa espressione di quando andava all'università e si inventò un sistema di contatti via internet per cuccare le ragazze. Più esattamente la faccia era quella di quando sei davanti al professore e non hai molto studiato: peccato però che questa volta di fronte ci fosse la giornalista Laurie Segall della Cnn e il tutto fosse ben più complicato di una semplice interrogazione. Mark aveva sempre quel volto da bambino che ancora non l'ha lasciato, ma ha scoperto finalmente di essere diventato grande. Dieci anni fa, quando è entrato nel club dei miliardari (di dollari), Facebook era ancora un gioco. La cosa adesso invece si è fatta maledettamente seria e il fatto di aver perso 7 dei suoi 75 miliardi di patrimonio in sole 48 ore (più tutto il resto), è stato uno choc dal quale non sembra essersi ancora ripreso. Perché ieri finalmente Marc ha parlato, ma di sicuro non è (più) quell'uomo che stava preparando - si dice - un futuro da presidente degli Stati Uniti. O forse del mondo.
Insomma si è partiti dall'«I'm so sorry» che già aveva esternato sulla sua pagina personale, per snocciolare una serie di rassicurazioni e giustificazioni che poco però hanno convinto utenti e azionisti. Perché se è vero che, come dice lui, è dal 2014 che «per prevenire le applicazioni abusive, abbiamo annunciato il cambiamento dell'intera piattaforma» - e quindi anche di limitare l'accesso al ricercatore universitario di Cambridge Aleksandr Kogan che aveva in mano i dati di milioni di utenti che ha poi girato a Cambridge Analytica -, resta la solita domanda: Facebook poteva non sapere? E Mark, soprattutto?
Davanti alla Segall Zuckenberg non ha risposto a questo, ma l'intervista ha avuto comunque momenti di picco. Per esempio il momento delle rassicurazioni, nel quale il Ceo di Facebook ha detto di essere felice di poter testimoniare davanti alle autorità americane («Manderemo a deporre le persone più preparate a rispondere, e se tra queste ci sono io ben venga») e di essere pronto ad una regolamentazione dei social network: «In realtà non vedo perché no: penso però che la domanda corretta sia più quale sia la giusta regolamentazione. In ogni caso se si pensa a quanta ce ne sia per le pubblicità in tv e sulla stampa, non si capisce perché non debba esserci per internet». Poi c'è stato il momento della contrizione, quando ha espresso rammarico per non aver fatto di più per intervenire contro Cambridge Analytica quando la questione è stata portata all'attenzione dell'azienda, ed era (appunto) il 2015: «All'epoca avevamo chiesto e ricevuto una certificazione formale da parte di quella società che aveva cancellato tutti i dati utente acquisiti con mezzi impropri. Non so voi, ma sono abituato a quando la gente certifica legalmente che farà qualcosa, che lo farà. Ma penso che questo sia stato chiaramente un errore. Da non commettere mai più». E ancora quello della (preoccupante) rassegnazione: «Capiterà ancora? Non saprei dire con certezza, ma c'è molto lavoro da fare per rendere più complicato per nazioni come la Russia interferire nelle elezioni, impedendo ai troll e ad altri di diffondere fake news». Con un finale minaccioso sul prossimo voto del mid-term: «Non posso escludere che qualcuno tenterà di interferire».
Infine ecco il momento della commozione, quando la Segall ha menzionato le sue figlie avute dalla moglie Priscilla Chen: «Prima pensavo che la cosa più importante per me fosse avere il maggior impatto possibile nel mondo.
Ora l'unica cosa che mi interessa è costruire qualcosa per cui le mie figlie, crescendo, possano essere orgogliose di me». A quel punto Mark Zuckerberg aveva le lacrime agli occhi come quelle di un bambino. E la gente ha veramente capito a chi ha regalato per anni i segreti della sua vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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