Con il Prof la Borsa ha bruciato 165 miliardi di euro

L’instabilità dell’esecutivo guidato dall’Unione è costata come l’11% del Pil italiano. Negli ultimi 12 mesi Piazza Affari ha perso il 24,5 per cento

Con il Prof la Borsa ha bruciato 165 miliardi di euro

da Milano

È di 165 miliardi il costo dell’ultimo anno di instabilità del governo Prodi. O l’11% del Pil. Un costo che non è frutto di un calcolo di parte, ma è determinato dal mercato: a tanto ammonta il valore bruciato dalla Borsa italiana dal fine marzo 2007 ad oggi.
Ed è proprio dal secondo trimestre dello scorso anno che la coalizione governativa dell’Unione ha cominciato a morire, con il culmine delle dimissioni di Prodi del 21 febbraio, dopo il mancato quorum al Senato sulla politica estera. Dimissioni respinte e fiducia ottenuta una settimana dopo. Ma l’immagine di una coalizione ormai priva della coesione necessaria per governare è stato il messaggio arrivato sui mercati internazionali a chi deve decidere dove investire i grandi capitali.
Non è un caso che, confrontando l’andamento delle principali Borse di Eurolandia nel biennio che va dalle elezioni politiche nazionali del 9-10 aprile 2006 fino a quelle di oggi e domani, si può facilmente notare la sostanziale correlazione dell’indice S&P Mib di Piazza Affari con Parigi (indice Cac) e Francoforte (Dax). Ma solo fino ai primi mesi dell’anno scorso. Cioè per quasi tutto il primo anno del governo Prodi. Poi, tra febbraio e marzo 2007, si apre il divario: da lì in poi a ogni rialzo del mercato azionario globale corrisponde per la Borsa di Milano un rialzo di entità minore; viceversa, a ogni calo degli indici, la piazza milanese risponde con un calo più marcato. Risultato: sia Francoforte, sia Parigi, prendono il largo. Più la prima piazza della seconda perché la Francia, essendo più capitalizzata ed avendo grandi banche con grandi problemi, ha pagato più caro il costo della crisi finanziaria rispetto alla Germania. Ma in ogni caso Milano si ridimensiona più che proporzionalmente. E lascia sul terreno, appunto, 165 miliardi, passando da 675 a 510 miliardi di valore, con un calo del 24,5%.
Volendo essere più equi nel determinare la «bolletta-Paese» pagata da Piazza Affari, si può confrontare il calo di Milano del 24,5% con quelli subiti da Francoforte (-4,8%) e Parigi (-12,5%) nello stesso periodo. Per poi applicarli alla capitalizzazione italiana in modo da rettificare il valore assoluto e ottenere il costo «puro» del ribasso italiano. Ebbene, così facendo, si ricava un dato netto di 130 miliardi nel primo caso, di 85 nel secondo, con una media ponderata di 105 miliardi: è questo (contro i 165 miliardi lordi di cui di diceva all’inizio) il costo tutto italiano pagato dalla Borsa al mercato, depurato dalla crisi finanziaria, dal ciclo economico globale e da quant’altro si voglia considerare. Meno dell’11, ma pur sempre pari al 7% del Pil. E non tutto.
Sempre dando un’occhiata ai grafici dei maggiori mercati azionari si nota che l’ultimo anno di instabilità governativa è costato alla Borsa un deprezzamento finale ben peggiore di quello degli altri concorrenti. Milano, da Prodi a Prodi, da aprile 2006 ad aprile 2008, ha ceduto il 12%. Parigi ha limitato i danni al 6%, mentre Francoforte è addirittura cresciuta del 12%. Non parliamo di Madrid, dove un’altra sinistra al governo, quella di Zapatero, ha ottenuto una crescita dell’indice Ibex del 14%, risultati ben diversi da quelli della sinistra italiana.
Ma la Spagna ha fatto ben di più di questo: ha effettuato il sorpasso nei confronti di Piazza Affari. La capitalizzazione di Madrid, nei giorni delle elezioni politiche del 2006, era di 490 miliardi contro i 580 di Milano. Oggi i dati sono invertiti: Madrid batte Milano 560 a 510. E il sorpasso è avvenuto anch’esso - non è un caso - nel corso dell’ultimo anno, quando le turbolenze nell’Unione hanno fatto calare la fiducia nell’intero sistema Italia. Fino a marzo scorso Milano era ancora avanti. Ma nei mesi successivi, piano piano ma implacabilmente, gli spagnoli guadagnavano posizioni fino al sorpasso di quest’estate. Mai più recuperato.


D’altra parte lo scetticismo del mercato nei confronti dell’Italia nell’ultimo anno lo si è visto anche sul mercato dei titoli di Stato, dove il differenziale di rendimento del Bund tedesco con il Btp, che due anni fa era limitato a 10-15 punti base, è ora arrivato a quota 50-55: un titolo di Stato decennale tedesco rende 3,70-3,75%, quello italiano 4,30-4,35%. Il premio è per chi si prende il rischio-Italia.

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