Cultura e Spettacoli

Dal professor Antiseri una lezione in difesa degli studi umanistici

"Sulle ceneri degli studi umanistici" (Rubbettino) tocca un tasto dolente anche per i liberali, che a volte sottovalutano il valore della formazione

Dal professor Antiseri una lezione in difesa degli studi umanistici

Proprio questa settimana il Parlamento ha approvato la riforma della scuola. L'ennesima. Verrà ricordata come la legge che ha permesso l'assunzione in un colpo solo di 100mila precari. Settimane fa parlammo del Buono scuola come proposta liberale per uscire dall'impasse di una scuola omologata. I liberali tengono, eccome, all'istruzione. Nonostante una vulgata per la quale i problemi della scuola «so' de' sinistra», nulla è più falso, dal punto di vista intellettuale. È però vero che la destra liberale, organizzata, ha per anni trascurato e sottovalutato la formazione di una classe dirigente scolastica formata su principi liberali. Non si può certo attribuire questa responsabilità a uno dei pochi intellettuali liberali che continua la sua battaglia per un'istruzione libera, e cioè Dario Antiseri. Sulle ceneri degli studi umanistici è un libretto agile edito da Rubbettino, scritto da Antiseri con il collega Alberto Petrucci.

La tesi, come si intuisce dal libro, è che gli studi umanistici servano. «Non sono conoscenza superflua». Uno spunto centrale (e noi che abbiamo studiato dai gesuiti, anche se materie scientifiche, lo sappiamo bene) è «che dalla scuola non dovrebbero uscire giovani che abbiano appreso un mestiere, ma giovani che siano in grado di poter cambiare mestiere». I due autori ci dicono che le discipline umanistiche e le scienze storico-sociali sono scienza, proprio come la fisica. Non stupitevi; il libro vi porta passo per passo a comprendere in pieno ciò che sembra una provocazione. E non lo è. Risparmiamoci Heidegger (avremmo dovuto fare qualche versione in più) e accontentiamoci di Salvemini: «Un grande scienziato è anche un grande poeta». E ancora: è sbagliato ritenere che Newton o Copernico non siano stati essenzialmente uomini dotati di grande fantasia. Un traduttore adotta nel suo lavoro un metodo scientifico, basato su un approccio di prova ed errore proprio come farebbe un biologo nelle sua ricerche. La tesi, leggetela, è convincente e soprattutto ben argomentata. E, come direbbe Antiseri (che dedica il primo capitolo al suo Popper), fino a quando qualcuno non falsifica questa sua teoria, cioè la confuta con argomenti non puramente ideologici, fino a quel momento, dicevamo, l'idea che gli studi umanistici siano studi scientifici e che gli uni senza gli altri siano monchi, ci convince.

PS I due autori, con Antonio Martino, Domenico da Empoli, Lorenzo Infantino hanno insegnato a lungo alla Luiss. Una ridotta liberale. La stessa università che anni fa negò al titolare di questa rubrica di presentare un suo libro nei locali dell'università.

Non sempre i liberali riescono a tradurre la teoria in pratica quotidiana.

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