PROMESSE E REALTÀ

Pregiatissimo direttore Massimiliano Lussana, tassare il debito pubblico in maniera superiore equivale a renderne meno appetibile la sua sottoscrizione.
Questo almeno per quello sottoscritto in Italia da soggetti giuridici italiani.
È possibile, anzi probabile, che tale difficoltà conduca ad un aumento del tasso di interesse, tale da rendere competitiva tale sottoscrizione in emissione, rispetto ad altri rendimenti quali per esempio il mercato azionario internazionale in costante ripresa.
Non possiamo dimenticare infatti che lo Stato non può fare a meno del debito pubblico sottoscritto.
Questo aumento, che ripeto sarebbe inevitabile per ovvie regole di mercato, anche frazionale del saggio di interesse di Btp-Buoni del tesoro poliennali e Cct-Certificati di credito del tesoro, vanificherebbe le maggiori entrate derivate dal maggior prelievo tributario.
Il cane quindi si morde la coda!
Il debito pubblico dovrebbe essere sempre privilegiato per stimolarne la sottoscrizione attraverso il risparmio degli italiani, a tassi di interesse i più contenuti possibili dalle condizioni di mercato.
Se il debito pubblico fosse addirittura detassato su alcune emissioni riservate al mercato interno, risulterebbe praticabile una ragionevole riduzione dei tassi con rilevante beneficio alla gestione del debito medesimo.
Per contro la ventilata riduzione della ritenuta fiscale dal 27 per cento al 20 per cento sui depositi bancari e/o postali è una barzelletta! Tali depositi infatti nella larga generalità dei casi beneficiano di tassi attivi fortemente inferiori a quelli pagati dal debito pubblico.
La generalità dei conti correnti bancari ripaga il correntista con un tasso lordo dal 0,10 per cento all’1,25 per cento.
Molto spesso gli interessi ricavati dai depositi non riescono a fronteggiare le spese di tenuta del conto richieste dalle banche.
Sostenere quindi che la riduzione del prelievo fiscale dagli interessi dei depositi bilancerebbe socialmente l’aumento dei tassi al debito pubblico è appunto una barzelletta che non può essere lasciata passare al signor Romano Prodi ed ai suoi amici
Mi auguro quindi, caro direttore, che vorrà far verificare le cose da me sostenute.
Non mi sento infatti, diversamente da altri, detentore del vero.
Spero poi che fatta la verifica, nel caso quanto esposto fosse come penso logico, ne fosse data notizia per evitare che in futuro si potesse dire «perché non ci abbiamo pensato?».
La ringrazio per l’attenzione prestata.
Post Scriptum: Perché non viene avanzata una proposta bipartisan di diminuire radicalmente i costi della politica?
Un tempo si diceva che le campagne elettorali erano costose e quindi i politici guadagnavano molto ma poi spendevano molto.
Oggi guadagnano di più e spendono nulla perché sono designati e non eletti.


La sinistra che tanto ha a cuore la classe più debole non si vergogna a guadagnare 10/50 volte più di un normale lavoratore?
Perché non viene richiesto un impegno pubblico da parte di tutti gli eletti a ridurre in termini consistenti i propri benefici, in linea a quanto da tempo gli italiani normali hanno fatto?
Poi ci sono i «furbetti» ma per questi dovrebbe lavorare meglio oltre che la politica pure tutte le altre istituzioni preposte alle verifiche di legalità ed equità.

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