Cè un futile effetto Franceschini nel partito, con la ridefinizione della mappa del potere interno, non cè leffetto Franceschini fra gli elettori. Nel giorno dello sciopero dellUnità che cerca di riacchiappare leditore in fuga, Renato Soru, un sondaggio di Repubblica arriva come una doccia gelata. Il Pd è al 22%, la cifra più bassa fra quelle censite negli ultimi mesi. La crisi verticale dei democrats si accompagna a una crescita di Di Pietro e alla costante caduta dei partiti minori di sinistra. Vi avevamo parlato degli apolidi di sinistra, di quelli che scappavano dal Pd perché delusi? Ecco la risposta dei cittadini chiamati a esprimere la propria opinione sul vecchio e sul nuovo corso. Il sondaggio è clamoroso anche per un altro dato. Nellipotesi di scissione e di ritorno al passato i Ds avrebbero il 13%, la Margherita il 7%. Un vero 8 settembre.
Veltroni ha fatto appena in tempo a scappare e a sottrarsi a questa nuova bufera. Listinto di sopravvivenza gli ha detto che era arrivato, così come nel 2001, il momento di separare il proprio destino da quello del partito alla cui guida si era posto. Franceschini ha provato la ricetta più banale, spostarsi a sinistra in chiave accesamente antiberlusconiana, ma la «gente» non lha seguito. Il vero partito di plastica si è rivelato il Pd, frutto di una combinazione fra due forze declinanti: i post-comunisti e gli ex popolari. Una fusione dallalto, concepita come manovra di una classe dirigente che non voleva mollare lo scettro, si è rivelata un boomerang terribile. Per tanti aspetti, cade per la seconda volta in modo fragoroso il muro di Berlino italiano e cade non ad opera di fattori esterni, ma sotto il peso di culture politiche incapaci di rinnovarsi. Si rivela, inoltre, di scarso peso lantiberlusconismo se punisce una forza a vocazione maggioritaria e si rifugia nella nicchia dipietresca. La percezione della crisi punisce i partiti catastrofisti.
Lalternativa a questo pasticcio, i dirigenti dei Ds e della Margherita, lavevano a portata di mano. Sarebbe bastato dare forza alle proprie vocazioni originarie, un partito socialista rinnovato da un lato e i cattolici moderati dallaltra parte, e soprattutto creare, con la fine dellantiberlusconismo, un nuovo clima in Italia. I sondaggi di Veltroni nei mesi del dialogo erano migliori di quelli di queste settimane e di questo ultimo in particolare. Muore il Pd e non muore per scissioni clamorose ma per lunica vera scissione che andava tenuta docchio, la scissione silenziosa dei suoi elettori e dei suoi militanti. Il sondaggio renderà ancora più precaria la situazione di Franceschini. La prova di forza con i suoi colleghi della nomenklatura interna si rivelerà un puro esercizio di vuoto potere. Sotto il vestito non cè più niente. Nelle prossime settimane più forte si farà la tentazione delle varie componenti interne di sganciarsi dalla solidarietà di partito. È probabile che i fautori della svolta a sinistra, DAlema in primo luogo, cercheranno di riprendere il filo di un dialogo con larcipelago radical per ricostruire un minimo di sinistra in questo paese. Franceschini cercherà di restare in sella a questo partito non avendo altre chanches da giocare. Per Rutelli suonerà il campanello del «rompete le righe».
La soluzione Franceschini non poteva non fallire. Troppo debole il leader, troppo coinvolto nella gestione precedente, troppe crepe nel Pd. Sarebbe servito un gesto drammatico, un vero «nuovo inizio» con volti nuovi e politiche nuove. Quello che sta fallendo non è un progetto astratto, non è lidea di un partito riformista a sinistra, ma il progetto concreto di una classe dirigente di auto-perpetuarsi senza pagare il prezzo dellautocritica, della correzione degli errori, del ricambio drastico. La crisi del Pd è parte anche di una crisi delle forze di sinistra in tutta Europa. La ventata obamiana non cè stata e si rivolgerà verso le forze che sceglieranno linnovazione e non la conservazione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.