«PUNTI DI FUGA»

Tra le diverse ragioni che hanno determinato la mancata visita del Papa alla Sapienza - l’ennesima mistificazione fatta da illustri intellettuali e dai soliti noti sulle vere parole del Papa, l’amplificazione mediatica della protesta di pochi professori e studenti violenti, la conseguente incapacità a garantire l’ordine pubblico nella capitale... -, quella ideologica è di particolare interesse perché è all’origine di tutte le altre. Si è affermato che la protesta nasce dal fatto che il Papa è conservatore e addirittura reazionario, e vuole soffocare, con il suo potere clericale, la libertà di ricerca dell’università. Singolare è invece che il Papa, nel suo discorso mai pronunciato, affermi che la Sapienza «è un’università laica con quell’autonomia che, in base al suo stesso concetto fondativo, ha fatto sempre parte della natura di università, la quale deve essere legata esclusivamente all’autorità della verità».
Quale è allora la concezione che genera l’opposizione violenta al Papa? I fautori della «libera ricerca» ritengono che il Papa possa parlare in una università, a patto di condividere la loro visione del mondo e delle cose e considerano un’inammissibile ingerenza quel richiamo ad allargare la ragione da lui richiesto a Ratisbona e ripetuto sempre nel discorso che avrebbe voluto pronunciare alla Sapienza: «Il pericolo del mondo occidentale - per parlare solo di questo - è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo».
La ragione dell’opposizione ad un Papa che nella sua vita non ha mai evitato il confronto con chiunque è il suo non asservimento a quel radicalismo relativista, scettico e materialista che ha già appiattito la vita della scienza e della cultura negli ultimi tre secoli. Non si tratta più di scienza: si tratta di ideologia, un sistema di idee che decide di evitare il confronto attribuendosi, in contraddizione con lo stesso relativismo sbandierato, il monopolio della verità e della moralità. Sarebbe già deprimente se tale concezione persistesse «privatamente» perché, in nome del libero pensiero, finirebbe per essere connivente con le peggiori violazioni dei diritti umani - e di fatto questo già accade. Ciò che è ancora più grave è la pretesa che questo relativismo nichilista sia la posizione ufficiale di una università statale in uno Stato laico.

Oltre a rendere l’università italiana una «discarica ideologica» - come recita un volantino di Cl sull’argomento - questa posizione rappresenta l’alba di un nuovo inquietante stato etico intollerante e oppressivo. Per il bene e l’incolumità di tutti, speriamo che questi liberi intellettuali non decidano di scendere mai in politica...
*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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