da Milano
Era un giorno qualsiasi dei vulcanici anni Sessanta, quando tutto, nel mondo lunatico della canzonetta, poteva succedere, e dunque non ci si stupiva di nulla. Fabrizio De André e io scendemmo alla Stazione centrale, venivamo da Genova e andavamo a trovare Nanni Ricordi. Su un ballatoio, di fianco al grande scalone, vedemmo lOggetto: mai visto, vagamente fantascientifico, era costituito da quello che oggi chiamiamo juke box, sormontato però da un televisore. Sul cui schermo vedemmo muoversi la silhouette affilata di Sergio Endrigo, mentre dal ventre del marchingegno ne usciva il canto: «Quando questa dolce estate/sarà finita, finita/quando tu sarai tornata/a questa tua vuota, squallida routine», scandiva la voce flautata. Invano, il cantautore emergente e il cronista in fieri, ci chiedemmo cosa fosse quellaggeggio, che si azionava selezionando una canzone, tra le cento disponibili, e ficcando una moneta in una feritoia.
Oggi un bel libro rievocativo di Michele Bovi, Da Carosone a Cosa nostra, arricchito da una splendente postfazione di Pasquale Panella e da un opulento corredo fotografico, ci risponde che larcano congegno si chiamava Cinebox, fu lintegrazione visiva del jukebox e segnò lantefatto del videoclip, il filmato promozionale che avrebbe ben altrimenti imperversato nei successivi decenni. Fu una vicenda gloriosa, salpata al tramonto degli anni Cinquanta, ma breve: in più i filmati, girati per reclamizzare nuove canzoni, si rompevano facilmente, eppoi linserirsi di Cosa nostra nella loro produzione americana incappò nelle misure antimafia di Bob Kennedy. Ma il tutto non impedì al cinebox di impegnare registi come Claude Lelouch o il nostro Vito Molinari, e grandissimi artisti come Carosone, Modugno, Celentano, Mina, Bécaud, Paul Anka, Henri Salvador, Johnny Hallyday e altri innumerevoli, a volte ancora ignoti come una procace Loredana Berté, ballerina in un video «balneare» di Edoardo Vianello.
Certo, salvo eccezioni, siamo più dalla parte della canzonetta di consumo che da quella della canzone di spessore: ma i Cinebox avevano finalità mercantilistiche. E tuttavia riparlare oggi di Cinebox costituisce un modo di ricostruire, sia pure nel suo versante più frivolo, il costume di unepoca che non ci ha dato solo il genio di Dylan o le trasgressioni dei Rolling Stones: ci ha dato anche lingenuità disarmante di certe canzonette in cui - scrive Pasquale Panella - «le falsificazioni della parola e le finzioni della musica erano la verità della canzone», comunque.
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