Sedici luglio 1965: il presidente francese più amato della storia, Charles de Gaulle, e quello italiano, Giuseppe Saragat, inaugurano il traforo del Monte Bianco, la gigantesca opera dingegneria sotterranea che collega i due Paesi. Il clima non è così festante come ci si potrebbe aspettare. E il discorso del Generale non così amichevole quanto loccasione richieda. Monsieur le President rivanga i tempi della guerra, parla della Val DAosta quasi come di una provincia francese perduta: «I nostri due popoli, dimenticando le malevolenze che si agitavano nelle valli e sulle cime, sono portati luno verso laltro dalla forza delle cose, ventanni dopo la fine dei combattimenti di cui le Alpi furono il triste teatro... In particolare in questa bella valle che il sangue, la lingua, i sentimenti legano saldamente alla Francia». Abbastanza perché Saragat chiedesse alla Rai e allAnsa di tagliare quei passaggi.
È da questo episodio, piccolo ma significativo, che parte il libro di Gino Nebiolo Soldati e spie (Cairo, pagg. 220, euro 14) per ricostruire un pezzetto di storia poco nota: ossia il tentativo francese di annettersi una grossa fetta dItalia subito dopo la Seconda guerra mondiale. Sì perché se nel 1965 De Gaulle sulla questione Val DAosta aveva ancora il dente avvelenato, durante il suo periodo al comando delle truppe della Francia libera vedeva loccupazione della «Vallée» e di parte del Piemonte e della Liguria come lunica possibile riparazione per il coup du poignard dans le dos che gli italiani avevano inferto al suo Paese, entrando in guerra quando ormai la Francia stava per essere sopraffatta dai tedeschi. Il generalissimo, infatti, voleva vendetta e nel 43 vide come il fumo negli occhi il fatto che agli italiani venisse concesso lo status di nazione cobelligerante (fatto che avrebbe ridotto la sua capacità di preda): «È illusorio per la Francia fare dei sacrifici al fine di ottenere una partecipazione italiana». E così iniziò a pianificare uninvasione e a foraggiare i movimenti irredentisti con una sua rete di spie.
Gli andò male. Sul breve periodo perché, caso unico nella storia della Seconda guerra mondiale, elementi delle forze partigiane giunsero ad accordarsi con le truppe repubblichine della Littorio per rallentare, armi in pugno, le truppe francesi e far arrivare gli americani per primi ad Aosta. Sul lungo periodo (i francesi riuscirono comunque a insediarsi in buona parte della valle) perché la maggior parte dei valligiani non cedettero alle lusinghe politiche dOltralpe: volevano semmai essere autonomi, non francesi.
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