Quando l’arte diventa un silenzio assordante

Silenzio e rumore affascinano ancora l’arte contemporanea a Milano. Dopo la mostra curata da Giacinto Di Pietrantonio allo Spazio Oberdan, arriva allo Spazio Anfossi «Muri, parole e silenzio», a cura di Milli Gandini. Venticinque artisti, giovani e meno giovani, sono stati selezionati in questa collettiva fra pittura, scultura, grafica e fotografia. Questa volta però il rumore si abbassa, fino ad arrivare al silenzio, come nel video di Loredana Galante in cui lo spettatore può solo ascoltare e immergersi in una dimensione profonda che va aldilà dell’immagine.
L’ispirazione che accomuna le opere viene da una storia e da un materiale. La storia è quella reale di John Cage, celebre musicista fluxus, che negli anni ’50, mentre era in Italia, durante un concerto ideò «4’33’’», una performance live in cui rimase zitto e immobile sulla scena, provocando un silenzio che a poco a poco venne spezzato dal mormorio del pubblico, dal cigolio delle poltrone, dai colpi di tosse imbarazzati, fino ad arrivare alle proteste e agli insulti a cui l’artista non rispose. Il materiale è il muro, fatto di ricami e fogli di carta, fatto di busti umani o di immagini. Le parole sono invece il mezzo: usiamo la comunicazione per denunciare e gridare il male sociale o costruiamo una tempesta di frasi, una valanga di testi che paradossalmente diventano essi stessi muri, giganteschi ostacoli che ci dividono dagli altri e da noi. Marlene Winkes, giovane artista tedesca, porta in mostra un pezzo del muro di Berlino, Nanni Balestrini riassume la tragicità della guerra su un vecchio rotolo di carta da fax, Gigirigamonti colora il busto di un uomo e lo usa per scriverci sopra frasi di libertà, Jean Toche ingigantisce una cartolina agli USA con le sue parole e le sue idee contro lo status americano.Sul suo lavoro Milli Gandini, commenta: «È in qualche modo uno scenario tragico e divertente. Ogni artista ha dato la sua interpretazione del silenzio, della parola, del muro. L’idea nasce da opere già esistenti e dalla richiesta ad amici artisti di dire la propria o di lasciare un messaggio diverso. Così opere vecchie e nuove tentano di aprire questo piccolo spazio sul caos dell’enorme Babele mediatica che ci investe».
Elisabeth Aro ricama con il cartoncino una grande muraglia in cui l’uomo è solo un piccolo essere quasi invisibile, Moreno Gentili espone «L’isola del deserto», un parte di muro che arriva dal monastero San Francesco del deserto a Venezia e così il muro diventa anche rappresentazione della storia del mondo, delle scelte di vita, della religione.

E’ un riassunto internazionale di voci che si intreccia e si confronta.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 5 Luglio, dal lunedì al venerdì, dalle ore 15 alle 19, oppure su appuntamento (Spazio Anfossi tel. 02 59900711).

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