Quando il mangiare era brutto e cattivo

Non è una primizia, ma il libro di Stefano Scansani per Sometti di Mantova, 0376.322430, merita di essere segnalato perché parla di un aspetto della cucina spesso poco considerato. Il mangiare cattivo non tratta ricette strampalate, assurde o legate a ingredienti che imbarazzano gli schifiltosi. Una nota sul retro di copertina dice molto: «Quando il buono toglie la memoria. L’alimentazione vista dalla parte della ganascia attraverso ottantuno mangiari dell’evo bruto». L’autore è di Mantova e questo spiega il riferimento a certe preparazioni, la sostanza può invece essere applicata a ogni regione: «Basta burro grondante, agnoli galleggianti, tortelli naviganti. Basta. Sull’orlo del piatto della cucina è rimasto soltanto il buono. Il resto è andato a fondo o è svaporato via col fumo del pipamento della storia.

C’è un mangiare essenziale e a volte cattivo che è stato dimenticato, bastonato e sepolto dalla crescita di peso del portafoglio, dalla marcia trionfale del piacere e dal mondo che s’è fatto piccolo». Il mangiare cattivo è quello «della civiltà rurale, delle pezze al culo, del sudore e del callo, della fame». Un libro che ci mette in guardia dal mito della buona tradizione.

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