QUANT’È INGENUO «L’ULTIMO RIGORE»

La realtà non solo supera la fantasia, ma è spesso più interessante: grande attenzione in questo periodo per le paginate dei giornali dedicate a calciopoli, audience robusta per le trasmissioni che se ne sono occupate mostrando la registrazione scritta delle telefonate intercettate, ma interesse scarso - share dell’11.71 - per la prima delle due puntate della fiction L'ultimo rigore 2 (giovedì e venerdì su Raidue, ore 21) tipico telefilm che sembra fatto apposta per verificare quanto la fantasia degli sceneggiatori sia stata in grado, immaginando un copione all'insegna de «il marcio nel calcio», di aderire il più possibile a quanto emerge ora dalla realtà dei fatti. Nella serie precedente, andata in onda quattro anni fa, si parlava di doping anticipando in un certo senso le polemiche sfociate in un complesso iter giudiziario, nel sequel di oggi ci sono invece di mezzo le scommesse, un procuratore senza scrupoli, un avvocato che ordina addirittura l'omicidio di un presidente che aveva «annusato» la corruzione di alcuni suoi giocatori, un allenatore senza macchia (interpretato da Enzo Decaro) che, chiamato a salvare una squadra dalla retrocessione in serie C, si accorge delle mele marce presenti nel gruppo ma si mette contro i vertici dell'organizzazione truffaldina ed è costretto addirittura a difendersi dall'accusa (lanciatagli in una trasmissione sportiva) di aver molestato sessualmente un proprio giocatore. Tutto questo prima del prevedibile riscatto e dell'immancabile happy end, che rimane sfortunatamente una prerogativa delle opere di fantasia rispetto a quelle della realtà. Ultimo rigore 2, che giaceva da mesi nei magazzini della Rai ed è stato riesumato per l'occasione, mira al bersaglio grosso del malcostume calcistico e lo fa con la rozza ingenuità del prodotto da preparare e consumare in fretta, in cui i buoni e i cattivi devono essere schematizzati velocemente e tutto deve essere chiarito ed espiato nel giro di due puntate e 48 ore (è una fiction che piacerebbe all'Uefa, bramosa di una soluzione rapidissima dello scandalo italiano). La concomitanza della sua messa in onda con l'esplosione del bubbone calcistico non sembra aver favorito, come si poteva pensare, la fortuna della fiction. Troppa la distanza che separa la finzione, giocoforza puerile, dall'abisso di sconcerto che la realtà raccontata in tempo reale sta avendo sui cittadini.

Ad ogni sequenza la fiction appare inadeguata a stare al passo con ciò che nel frattempo si sta svolgendo sul set dell'attualità di tutti i giorni, compreso il paradosso di scoprire che forse non è truccato solo il calcio giocato (come si è spesso pensato e talvolta scoperto nella storia del calcio) ma addirittura quello «parlato», disputato nei bar sport televisivi.

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