«Quanti errori dell’Occidente»

«È come per l’11 settembre: d’ora in poi sarà tutto diverso. La decisione russa di riconoscere le repubbliche separatiste della Georgia segna una cesura profonda». Masha Lipman, politologa, è ricercatrice presso la Fondazione Carnegie di Mosca ed editorialista del Washington Post. «La Russia ha iniziato a bruciarsi i ponti alle spalle. La situazione si può ancora recuperare ma ora è tutto più difficile».
Fino a dove intende spingersi il Cremlino?
«Non si può dire oggi. Se non si riuscirà a ristabilire un dialogo i vertici russi potrebbero entrare nella sindrome della fortezza assediata. In quel caso le conseguenze anche interne potrebbero essere pesantissime».
E cioè?
«Innanzitutto sugli equilibri di potere: i falchi, i sostenitori della linea dura, avrebbero definitivamente la meglio. Poi prevedo un giro di vite su media e opposizione russa, infine una contrazione dell’economia. La diminuzione degli investimenti internazionali, le maggiori spese legate a un aumento delle spese militari e per il sostegno delle repubbliche satelliti si farebbero sentire».
Proprio l’economia potrebbe rivelarsi un vincolo per il Cremlino.
«Sul lungo periodo non c’è dubbio che anche la Russia uscirebbe danneggiata economicamente da un conflitto più o meno latente con l’Occidente. Ma sul breve sarebbe soprattutto l’Europa a pagare il prezzo maggiore».
Si è parlato molto di errori compiuti da America ed Europa nella gestione della crisi...
«Sì, gli errori ci sono stati. L’ultimo è stato quello di non tenere a freno la Georgia, che ha fornito un magnifico pretesto a Putin e Medvedev per scatenare la guerra. Ma gli errori più gravi sono stati compiuti nel passato. Negli anni ’90 soprattutto l’America ha approfittato della debolezza russa e della sua assenza sullo scacchiere internazionale. Ma in tempi più recenti la situazione è cambiata. E i richiami di Putin sono stati molti: la Russia è tornata una grande potenza, diceva, vogliamo dire la nostra, non potete decidere senza di noi. L’Occidente non ha ascoltato. Dal Medio Oriente al Kosovo fino allo scudo spaziale molte scelte sono andate contro i voleri del Cremlino. Ora Mosca lancia lo stesso messaggio in modi più crudi: siamo, e ci sentiamo, una potenza e come tale ci comportiamo, senza curarci di quello che America ed Europa pensano».
E la reazione ora quale può essere?
«I due estremi vanno dall’accettazione passiva di quanto accaduto, alla decisione di congelare i rapporti con la Russia.

La cosa più urgente, però, e non sarà facile, vista anche la debolezza dell’amministrazione Usa prima delle elezioni, è quella di trovare una posizione unitaria. Se questo non accadesse il Cremlino avrebbe gioco facile».

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