Se il diavolo veste Prada, i vecchi, grassi e brutti è meglio che girino alla larga dalla casa di moda italiana. Soprattutto in Giappone. Rina Bovrisse è la senior manager retail di Prada Japan. Meglio scrivere «era». Il gruppo l’ha licenziata. Non ha rubato, non ha sottratto capi di abbigliamento, non ha commesso atti osceni, non ha fumato in pubblico. Il peccato è più grave, molto più grave. Il suo look, la sua pettinatura, il suo giro vita non rientrano nei canoni previsti da Patrizio&Miuccia che sono gli azionisti di riferimento, i padroni, i proprietari della griffe. Loro sì che hanno lo stile adeguato, nel dire e nel fare, hanno risciacquato la lingua nell’Arno, vestono con raffinato gusto.
Il signor Bertelli Patrizio e la signora Bianchi Maria, detta Prada Miuccia, dunque, non possono tollerare che nei loro negozi orientali, i gestori, i dipendenti, gli assistenti tutti, non siano conformi, eleganti, curati, nel senso della cura personale, in ogni dettaglio. Se poi sono anche avanti negli anni, se ansimano salendo o scendendo le scale, se non hanno i denti a posto, gli occhi come lapislazzuli, le gambe asciutte, i fianchi stretti allora è meglio che si presentino all’ufficio personale, svuotino i cassetti e si cerchino un altro impiego. Rina Bovrisse ha presentato denuncia nei confronti dell’azienda, per molestie, maltrattamenti e atti discriminatori, dopo che il presidente di Prada Japan, al secolo Sesia Davide, uno che parla un giapponese sciolto ma anche basso, l’aveva ammonita a cambiare parrucchiere e ondame di capelli e, approfittando del ruolo di senior manager, di provvedere al licenziamento di quindici dipendenti, vecchi, brutti, grassi e anche disgustosi.
Il made in Italy si difende non soltanto con il lavoro e l’onestà ma con la bellezza, basta vedere appunto certi personaggi della nostra moda, il loro dire elegante, l’assoluto distacco dalle cose volgari di questo mondo, tipo l’evasione fiscale, l’uso o l’abuso di droghe.
Dunque meglio essere in linea, meglio un corpo eburneo e profumato, meglio offrire la forma dell’esistere piuttosto che la sostanza dell’essere. Ma questa è filosofia occidentale, roba vecchia, brutta e grassa, anche disgustosa, come direbbero Sesia e Hiroyuki Takamashi che non è un nuovo giocattolo nipponico ma il direttore delle risorse umane di Prada Japan, un altro personaggio importante d’accordo con la linea severa adottata dai padroni: «Il tribunale ha confermato la piena legittimità del licenziamento», hanno detto a conforto della vicenda, parole riprese dai giornali inglesi e da qualche sito nostrano.
In verità non c’è stata nessuna sentenza, non c’è contenzioso legale, per il momento, ma semplice opinione di un apposito organo «disciplinare» chiamato a decidere. La Bovrisse, comunque, dopo diciotto anni di lavoro, è disoccupata, con la pettinatura da rifare e i chilogrammi da smaltire, secondo ingiunzione dei capi con gli occhi a mandorla e la lingua al cianuro.
Patrizio Bertelli non dovrebbe essere fiero di questi quindici licenziamenti. È vero che gli garba molto liquidare chi non rientra nella sua filosofia, in tal senso si è espresso nei confronti di Berlusconi, tanto per citarne uno a caso: «Bisogna creare le condizioni per buttare fuori dal Parlamento Berlusconi», aveva detto nei mesi passati. Non potendo ricorrere al proprio Ceo Sesia si è appoggiato a Rutelli che non è vecchio, non è grasso, non è brutto, non è disgustoso.
Ma Bertelli è un uomo politicamente corretto, la sua idea e ideologia non dovrebbero spingerlo a commettere errori politici, la sua consorte Maria Miuccia è un ex membro del Piccì e pensare ai lavoratori mandati a casa perché non in linea, non con il partito ma con la bilancia, è un’offesa all’intelligenza.
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