«Quei genitori sono maestri di inciviltà»

da Milano

Nelle tribune televisive è tifoso sarcastico e sul grande schermo è stato un ultrà eccezzziunale. Ma nella vita Diego Abatantuono proprio non sopporta gli eccessi delle curve, quando lo sfottò intelligente lascia posto alla violenza. Perché anche nel caso dei genitori di Ponte a Elsa si deve parlare di violenza.
Cosa ne pensa dello sciopero dei bambini delle giovanili?
«Sembra un cartone animato: una squadra di pulcini tifata da mamme e papà tutti hooligans. Forse si è un po' esagerato nel dipingere la situazione, ma il fenomeno esiste davvero ed è odioso».
Lei ha due figli maschi. Che tifoso è papà Abatantuono? Tranquillo o emerge l'animo da "Ras della Fossa"?
«Macchè Fossa. Marco e Matteo giocano a calcio tutti e due e ogni tanto vado a vederli. Ci vado perché è piacevole, si respira una bella atmosfera. Non certo per litigare o alzare la voce».
Meglio di andare a San Siro a vedere il Milan?
«Di sicuro a volte è più divertente. Ma ci sono dei genitori imbecilli che si perdono tutto quanto c'è di bello in queste partite giovanili e rovinano lo spirito del gioco».
Quali sono le loro colpe?
«Il problema maggiore è che avrebbero voluto diventare calciatori ma ovviamente non ce l'hanno fatta. Così pretendono prestazioni da professionisti dai figli e si arrabbiano se non diventano fenomeni. E i bambini ne soffrono, giocano con l'ansia da prestazione a dieci anni, si sentono sotto esame, tra l'incudine e il martello».
Rovinano il gioco ma rischiano anche di diventare cattivi esempi...
«Sì ed è la cosa più vergognosa.

Non tanto perché ogni volta che fischiano o insultano dimostrano di essere una banda di pirla, ma piuttosto perché così danno un'educazione sbagliata ai figli: come si comporteranno allo stadio dei ragazzi che vedono i loro padri inveire e sbraitare?».
Insegnanti di incivilità, più che educatori?
«Se gli ultrà veri sono da galera, per questi genitori poco ci manca. Perché i loro bambini sono candidati a diventare gli ultrà e i banditi di domani».

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