Quei prof, eroi quotidiani sui banchi

Quei prof, eroi quotidiani sui banchi

(...) Secondo flash. L’altro giorno, l’assessore regionale alla Formazione Pippo Rossetti - un amico con cui sono quasi sempre in disaccordo, trattandosi di un moderato cattolico che va più a sinistra di tanti «komunisti!» con la kappa e il punto esclamativo - presentando un libro per il Gaslini frutto del lavoro degli studenti della Scuola Edile Genovese ha spiegato, stavolta molto bene: «Non sono di serie B i percorsi formativi professionali. Anzi, spesso garantiscono l’espressione dei talenti e un’alta specializzazione per il mercato del lavoro. Inoltre, la scuola professionale garantisce l’ingresso sul mercato del lavoro, nell’arco di un anno, del sessanta per cento degli studenti». Anche il seguito del discorso di Rossetti è miele per le mie orecchie: «Oggi c’è estremo bisogno di saldatori, infermieri, operatori socio-sanitari, estetiste, falegnami. Le famiglie devono perseguire le attitudini dei ragazzi e non andare dietro l’idea che solo il percorso universitario sia in grado di garantire un immediato lavoro o un maggior reddito». Perfetto, finalmente moderato vero. Viva questo Rossetti (concetto ben diverso da «Viva Rossetti» a prescindere).
Ultimo fermo immagine. Che arriva dal Porto Antico, Porta Siberia, inizio settimana. Al Museo Luzzati erano seduti l’uno vicino all’altro Cesare Moreno e Marco Rossi Doria, due «maestri di strada», quegli insegnanti che vanno in giro per i vicoli a raccogliere i ragazzi che a scuola non hanno voglia o intenzione di andare.
Oggi, Marco Rossi Doria è passato dalla strada al Palazzo. Per la precisione, al palazzo di Trastevere che ospita il Miur, Ministero dell’istruzione università e ricerca, dove è sottosegretario di Stato. Ma le sue storie sono quelle di sempre: «Il 47 per cento degli studenti calabresi non è in grado di leggere un libro impegnativo»; «Gli insegnanti vanno anche valutati»; «Nonostante la scuola sia un presidio di legalità e di educazione, è fortemente diminuito il valore simbolico e affettivo della società verso gli insegnanti».
Moreno, invece, è rimasto per strada. Ma i concetti si intersecano bene con quelli di Rossi Doria: «Il recupero dei ragazzi dispersi ed espulsi dalla scuola è stato abbattuto dalle istituzioni, ma anche da certe sinistre e da certi egualitarismi ideologici». E, sempre a proposito di ideologia, sempre da sinistra, Moreno prega i suoi colleghi di cattedra, dalla strada: «Devono diventare più riflessivi e meno ideologici».
Poi, a chiudere il cerchio, all’incontro del Museo Luzzati è intervenuta anche Giuliana Pupazzoni, che è la «provveditrice» di Genova, anche se oggi si chiama direttore regionale dell’Istruzione. E pure lei ha messo sul tavolo temi di tutto interesse, a partire da un meccanismo premiale per gli insegnati che danno di più («una diversa collocazione contrattuale per riconoscere un lavoro che altri non fanno»). E, soprattutto, una lotta contro «un’immagine sociale della scuola, scaduta, dove i ragazzi annoiati e demotivati demotivano gli insegnanti». Che è proprio il punto da dove siamo partiti, dalla lettera di S.B., «prof di serie B».
A qualcuno, magari, interesserebbe parlare di primarie o dei sindaci graditi a questo o quell’altro potente, del «futuro di Genova e della Liguria».

Ma, credetemi, il futuro è quello che vi sto raccontando.
La battaglia per chi vive ogni giorno la scuola e nella scuola è la battaglia della vita. Noi ci siamo e continueremo a pubblicare tutti i vostri contributi. Per scrivere insieme un pezzo di futuro.
(2-continua)

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