Il No dei francesi alla Costituzione europea è un no all'Europa; a tutto il progetto, sia quello già realizzato sia quello ancora da realizzare. Soltanto se si ha il coraggio di accettare questa verità e di analizzarne le cause profonde, sarà possibile che i popoli, e i loro «rappresentanti» lavorino insieme per trovare una soluzione all'enorme problema che si trovano di fronte con il minore dei danni possibile. Il minore dei danni possibile dal punto di vista economico, dal punto di vista dell'immagine agli occhi del mondo; ma, soprattutto, dal punto di vista della democrazia. Questo, infatti, rivela impietosamente il risultato del referendum francese: lo scollamento fra i cittadini e i governanti. Ha fatto un gravissimo errore Chirac nel presentarsi più volte alla Nazione per indurre i francesi a votare il Sì, a farsi accompagnare in questa esortazione da altri Capi di Stato e da parlamentari europei i quali non si vede come avrebbero potuto incitare a votare contro se stessi. Ma è proprio questa cecità dei governanti al massimo livello che spaventa dal punto di vista della democrazia: se viene meno la fiducia dei cittadini nei propri rappresentanti, vengono meno le basi stesse della democrazia.
Quello che per ora ha salvato queste basi è stata la presenza di due Partiti a destra e a sinistra che hanno interpretato lo stato d'animo della grande maggioranza dei francesi (quel 30% che non è andato a votare ha comunque dimostrato di non essere affatto entusiasta del progetto europeo) dandone motivazioni molto diverse: di carattere economico, sindacale, i socialisti del No; di carattere patriottico, nazionalista, le destre con Le Pen. Perché sono stati condannati perfino con spregio sia gli uni che gli altri? Non è difficile capire il motivo di questa condanna: il progetto europeo appartiene ai Capi, ai Governanti, i quali l'hanno costruito sulla testa dei popoli, pretendendo che essi si annullino in vista di una Grande Europa del futuro, per la formazione di una Potenza capace di fronteggiare quella degli Stati Uniti e di imporsi sul resto del mondo. La si può chiamare «Pace» invece che «Guerra», «competitività» invece che «aggressione», ma il risultato agli occhi dei cittadini rimane lo stesso: ancora una volta essi sono costretti a realizzare le mete di grandezza, di volontà di potenza dei loro Capi.
La lezione impartita in tutti questi anni dal secondo dopoguerra ad oggi, però, i francesi, gli italiani, i tedeschi, gli inglesi, i polacchi ecc. l'hanno imparata bene. Se hanno sbagliato ad obbedire a Hitler, a Mussolini, a Stalin nei loro disegni onnipotenti, perché dovrebbero obbedire adesso, ad un nuovo, ennesimo disegno di onnipotenza? È questo ciò che sedimenta nell'animo dei cittadini, anche se non ne sono ancora del tutto consapevoli e si aggrappano, sotto le giustificazioni ragionevoli che vengono loro offerte, ai partiti etichettati in qualche modo come estremi, come «eversori» dell'ordine costituito. Ma la passione, l'entusiasmo con il quale rispondono, tradisce e rivela molto di più di quanto appare: l'impazienza per tutte le menzogne che sono state propinate a piene mani sui vantaggi della moneta unica, la lunga elaborazione del lutto che la perdita del più importante strumento per la sopravvivenza quotidiana ha comportato e continua a comportare; la rinuncia all'indipendenza e alla libertà della propria nazione che viene percepita come una umiliante sferzata nei continui moniti, richiami, ordini lanciati da Bruxelles...
Un dato molto importante riguarda il silenzio su quale sarà la struttura vera del governo nell'Europa unita ma su cui è evidente che hanno riflettuto e dato una chiara risposta con i referendum i cittadini dicendo di No. Sono in grande maggioranza appartenenti alle Monarchie e non le vogliono perdere, cosa che avverrebbe sicuramente nell'oligarchia di coloro che deterranno il potere. Le Monarchie rappresentano per i popoli un legame forte e sicuro di continuità nella storia, una «forma affettiva di gruppo» che l'identifica quasi come una famiglia allargata. Svezia, Danimarca, Gran Bretagna, Olanda, per non dire del Sì degli spagnoli passato soltanto con la minoranza dei votanti: il 42%.
Il No della Francia è perciò ancora più significativo: la Repubblica più Repubblica di tutte non vuole abbandonare la propria identità, la propria indipendenza. Sono fatti sui quali è indispensabile che tutti riflettano, ma soprattutto i governanti: quale forza pensano che possa esprimere un'Europa priva dei popoli?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.