Mormorò: «Gesù» e fu la sua ultima parola. Il medico curante piangeva a dirotto. La moglie e la figlia maggiore assistevano impietrite, mentre la più piccola, Cecilia, leggeva la preghiera dei moribondi nel punto in cui lui stesso aveva lasciato il segno: «Ti venga incontro la splendente schiera degli angeli». Nello stesso istante, nel chiuso del suo convento, la figlia cadetta, Suor Lucia, pregava per il padre. Lesemplarità di questa morte fece il giro dItalia e contribuì allapertura del processo di beatificazione del Nostro, tuttora in corso.
Poco prima di morire si era chiesto: «Di quanti falli mi chiamerà responsabile il Signore, padrone della terra e dei popoli?». La domanda fa onore al suo scrupolo. Ma azzardiamo che Lassù abbiano avuto un occhio di riguardo, poiché cercò quaggiù di agire rettamente. Fu tenero marito e padre. Nella vita pubblica prese come unità di misura il Vangelo, con un tocco di Machiavelli.
Nonostante gli impegni, trovò perfino il tempo di pensare allanima del conte Carlo Sforza, suo amico. Per lottantenne ministro dei governi degasperiani era venuto il tempo di morire. Malato e inquieto per un passo al quale, come laico senza fede, era poco preparato, Sforza cercava appigli senza dirlo. Ma il Nostro capì langoscia e si rivolse al cardinale Celso Costantini. «Eminenza, ho comprato il suo libro Il Divin Consolatore - gli disse porgendogli il volumetto -, lo porti a Sforza, può servire da introduzione». E aggiunse: «Si ricordi di lui nei giorni e mesi venturi che purtroppo sono di fatale passaggio». Come il Nostro aveva intuito, il libro raggiunse lo scopo. Sforza dopo averlo letto disse al cardinale-autore: «Trovo il suo libro un dono prezioso; esso offre una apertura inattesa di speranza e di spazi di luce. Gliene sono profondamente riconoscente». E lantico libertino trapassò in pace.
Il Nostro fu fedele al Signore anche nella sventura. A 20 anni ebbe la sua prima esperienza carceraria. Fu lantipasto di diversi guai che lo perseguitarono per decenni. Al punto che, giunto ai 60 anni, nonostante il vigore intellettuale, era stanco e sfiduciato. Per il mondo era uno sconosciuto, per pochi italiani lombra di un ricordo. Eppure sentiva di avere le energie e la volontà di adoperarsi per il Paese devastato dalla guerra. Presentiva dessere ancora chiamato a grandi cose e costretto allinerzia dalle circostanze. Per consolarsi, diceva a se stesso: «Ricorda che Galileo scrisse il Dialogo sopra i due massimi sistemi a 68 anni, letà di Churchill».
Listinto non lo ingannava, tanto che nel giro di un decennio divenne litaliano più noto dellorbe terracqueo. Non che avesse mai dubitato del Signore, ma certo vide limpronta della sua mano in quel positivo voltafaccia del destino. Gli fu subito chiara la missione: preservare lItalia dai rigurgiti fascisti e dalla violenza eguale e contraria dei seguaci di Togliatti. Fermo coi velleitari nostalgici dellolio di ricino, fu addirittura implacabile col Pci che costituiva un pericolo attuale. Lo fu coi fatti, più che nelle forme, in lui sempre morbide e, per così dire, «democristiane».
Cerano nellItalia del dopoguerra troppe armi in giro. Mentre i militari reduci e i partigiani bianchi le avevano restituite, i comunisti rifiutavano di farlo. Continue spiate mandavano allaria i tentativi di sequestro, permettendo ai «rossi» di spostare altrove gli arsenali. Non si sapeva come venirne a capo, poiché tra i delatori cerano anche poliziotti e carabinieri infedeli. Fu così che il Nostro, nel massimo riserbo, mise in piedi una task force di partigiani non comunisti e di sicuri ufficiali dei Cc. Creò una rete di radio ricetrasmittenti che collegava Roma alle città del Nord e una di intelligence per scoprire documenti e intenzioni dei comunisti. Nacque, in altre parole, una struttura parallela col compito di prevenire insurrezioni armate e individuare i depositi di armi: una Gladio ante litteram. Loperazione ebbe buon esito. Gli armamenti furono sequestrati e i comunisti si calmarono.
Lanticomunismo del Nostro era così profondo che una figlia lo apostrofò stupita: «Tu vedi ovunque il pericolo comunista!». «Io li ho conosciuti bene - rispose -. So che non esiste possibile colloquio con loro. Parliamo due lingue, incomprensibili luna allaltra». La ragazza replicò: «Tu, forse, esageri per avere maggiori voti alle elezioni». «Se io smettessi di ricordare agli altri il comunismo - ribatté il padre - fra qualche tempo ci ritroveremmo nella stessa situazione di tutti gli altri popoli che non hanno saputo difendersi con le armi della democrazia». Sembra Berlusconi, ma succedeva sei decenni fa.
Pio e duro, questo fu il Nostro, temprato da variegate esperienze. A 30 anni era deputato asburgico, a 40 parlamentare a Roma. A 20 anni fu incarcerato a Innsbruck per volontà dellImperatore, a quasi 50 anni ne passò due a Regina Coeli, per ordine del Duce.
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