Quel ritratto di donna imperfetta che conquistò il grande pubblico

In molti forse ricordano solo la versione cinematografica, ma i veri intenditori del genere sanno che tutto nasce dalla penna di Helen Fielding. È lei la scrittrice britannica che ha inventato Bridget Jones (dal romanzo «Il diario di Bridget Jones»), la storia di una ragazza un po’ imbranata, sul lavoro e con gli uomini, che nelle pagine del suo diario annota gli sforzi, le disavventure e i rari traguardi di una vita ossessionata dalla voglia di perdere peso, da quella di smettere di fumare fino al desiderio di trovare un compagno. Bridget Jones è un po’ il ritratto della donna media, non bellissima, spesso impacciata, romantica, sognatrice, a caccia di una carriera che sembra non trovare la strada giusta, salvo qualche occasionale colpo di fortuna. Eppure, a dispetto del ritratto della donna vincente, la normalità di Bridget Jones ha fatto immedesimare milioni di ragazze nel mondo e simpatizzare per lei al di là della propria storia personale.

Perché Bridget è l’eroina delle donne non perfette, non bellissime, non straordinarie, che cercano solo un po’ d’affetto, qualche soddisfazione sul lavoro e un principe azzurro, quello sì, il sogno di ogni donna di qualsiasi età.

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