Quell’omicidio allontana la Turchia dall’Europa

Al di là del generico cordoglio di circostanza esternato dalle autorità turche per la morte del giornalista cristiano Hrant Dink, c’è da registrare il pressoché totale disinteresse della stampa locale sull’argomento. Il che è buono a sapersi, ai fini di un ingresso della Turchia nella Ue che pare allontanarsi sempre più. Anche nei turchi la voglia sembra scemata, almeno in base ai risultati di un sondaggio realizzato dal quotidiano turco Milliyet. Risulta appunto che ormai solo un terzo dei turchi si dichiara entusiasta di un’eventuale adesione del loro Paese all’Europa comunitaria. Significa che in soli due anni una buona metà dei primitivi fautori ha cambiato idea. Ora, lì per lì si potrebbe pensare che siano state le reticenze degli europei a provocare l'inversione di orientamento nei turchi. Invece, sembra che molta responsabilità sia da attribuire agli insuccessi americani in Irak. Insomma, i turchi si starebbero chiedendo quali siano, poi, i decantati vantaggi di un più stretto rapporto con l’Occidente e se il gioco valga la candela.
Un paio d’anni fa certi servizi sul settimanale Panorama mostrarono come gli islamici in genere siano molto sensibili alle dimostrazioni di forza. Infatti, man mano che americani avanzavano in Afghanistan, l’opinione pubblica del confinante Pakistan, inizialmente ostile, aveva preso a mutare atteggiamento, come ben si vedeva dai titoli sui giornali. Non è un caso se, oggi, proprio il Pakistan, geograficamente molto distante dalla Turchia, sia considerato da turchi uno dei Paesi più «amici», secondo le risultanze del sondaggio di cui sopra. Seguono gli stati islamici della federazione russa e perfino l’Iran. Dunque, la propaganda fondamentalista prende piede. Il giovane assassino del giornalista cristiano si era recato in moschea a chiedere l’aiuto divino per quel che contava di fare. Ebbene, nessuna delle autorità religiose musulmane del Paese ha sentito la necessità di prendere le distanze dal suo gesto. Niente, nemmeno la solita deplorazione rituale. Notare che l’omicida proviene da Trebisonda, la stessa località che ha visto il prete cattolico italiano don Santoro ucciso nel febbraio dello scorso anno. È stato il padre del giovane assassino a consegnare quest’ultimo alla polizia. Un gesto di onestà forse non disgiunto dalla certezza che i giudici terranno mano leggera.
L’opinione pubblica turca e i suoi media, infatti, non paiono granchè scandalizzati dalla morte di uno che si batteva perché venisse riconosciuto il genocidio degli armeni. La vittima, fondatore e direttore del settimanale Argos, padre di tre figlioletti, benefattore di orfani (lui stesso era stato allevato in orfanotrofio), era già stato più volte processato per questa storia, perché in Turchia c’è una legge diametralmente opposta a quella che Mastella cerca di introdurre da noi. Qui si minaccia il carcere a chi nega il genocidio ebraico, là si incarcera chi ammette quello armeno. Là, infine, quelli che denunciano alle nostre agenzie di stampa la situazione chiedono l’anonimato per non fare una brutta fine. C’erano otto chilometri di corteo al funerale di Hrant Dink celebrato dal patriarca Mesrob II. Tutti armeni. L’ingresso della Turchia nelle Ue si allontana, dunque, al di là delle declamazioni diplomatiche di vertice. E forse è meglio così. Una frontiera «europea» fino all’Irak e alla Siria creerebbe qualche problema militare.

Due milioni di turchi poveri pronti, come si dichiarano alla loro stampa, a invadere Vienna e Monaco ne creerebbero di sociali. Per non contare i profughi turkmeni, armeni, sciiti, sunniti e curdi che si riverserebbero in una Turchia diventata «europea».

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