Quella Babele dei numeri (in)utili e cari

A ogni emergenza ne spuntano di nuovi, ciascuno costa mezzo milione l’anno. E paghiamo noi. Da anni l'Unione europea ci ordina di utilizzare solo il 112. Un lettore rivela: "Ho chiamato quello per l'allarme caldo. Mi hanno detto di bere"

Quella Babele dei numeri (in)utili e cari

Impossibile contare tutti i numeri «utili» che sono stati attivati e spesso poi disattivati. Anche se ci si limita a quelli nazionali e gestiti da enti pubblici, che fanno fatica a mollare ognuno il proprio «fortino» telefonico. E senza censire quelli voluti da comuni, regioni, province, questure, prefetture, Protezione civile, Asl, sindacati, associazioni, persino singoli deputati o senatori. Durante la Prima Repubblica si diceva che una commissione d’inchiesta non si negava a nessuno. Serviva a dimostrare di aver preso a cuore una catastrofe o un misfatto e a tenere buoni chi ne aveva subito i danni.

Niente a confronto della storia dei numeri utili. Per ogni fatto importante o emergenza degli ultimi vent’anni ce n’è stato almeno uno. Ecco solo qualche esempio.

Nel 1987 siamo nel pieno della diffusione dell’Aids e l’Istituto superiore di sanità istituisce il numero verde (tutt’ora esistente) per la malattia. I primi anni Novanta sono quelli degli attacchi mafiosi allo Stato, l’allora Commissario antimafia ha quindi il proprio numero verde, anche la questura di Caltanissetta ne vara uno ad hoc. Contro racket, estorsioni e usura ce l’hanno comune e prefettura di Napoli, le prefetture di Roma e Caserta, la questura di Matera.

Nel 1993 parte quello della questura di Roma per il fallito attentato di via Fauro a Maurizio Costanzo. Il Comune di Palermo dichiara guerra agli abusi edilizi con una linea dedicata nel 1991 e nel 1992 la questura aiuta anche così i minori emarginati.

Nel 1995 l’immigrazione crea allarme sociale e il comune di Torino raccoglie con un numero verde le proteste dei cittadini per la microcriminalità.

Nel 1995 è la volta dell’epidemia di Ebola e del relativo call center del ministero della Sanità, nello stesso anno quello del Lavoro apre una linea per spiegare la riforma delle pensioni.

Nel 1998 esplodono i dubbi sul metodo Di Bella contro il cancro: ecco il telefono ministeriale per risolverli.

Sempre nel 1998, a dicembre, gli operatori finanziari devono prepararsi a passare all’euro e Bankitalia li soccorre con un telefono «amico».

A fine decennio tutte le cronache parlano delle truffe agli anziani, i comuni di Torino e Genova hanno un numero per aiutarli.

Per l’11 Settembre tocca alla Farnesina varare il numero per chi ha parenti negli Usa.

Si potrebbe continuare all’infinito, con i telefoni per incendi boschivi, incidenti sulla neve, pericoli del mare oppure per il nonnismo in caserma, gli schiavi del fumo, gli scippi, i funerali.

Ma quanto ci costano i numeri utili? Il 1500 è nato nel 2008 per informare su «salute e rifiuti» e viene attivato, intensificato o messo in stand by a seconda delle necessità. Negli anni si è occupato di influenza, caldo, aviaria, Sars e così via, orari e risorse impiegate quindi sono variabili. Il 1522 contro la violenza sulle donne invece funziona 24 ore su 24, 365 giorni l’anno e riceve 1.500 richieste d’aiuto al mese. Il dipartimento per le Pari opportunità l’ha dato in gestione con un appalto pubblico a un consorzio di centri del settore, per 1 milione di euro al biennio. All’estero le cose vanno diversamente.

Negli Stati Uniti il 911 apre tutte le porte, mentre in Europa nel lontano 1991 è stato istituito il 112 come numero unico per le emergenze. Da allora quasi tutti i paesi lo hanno fatto funzionare secondo i requisiti imposti dall’Ue. L’Italia, appunto, è in forte ritardo.

L’Europa l’ha più volte bacchettata e nel 2009 ci ha persino inflitto una multa (poi sospesa) di 40 milioni di euro.
Dal 2010 il numero unico è in sperimentazione nella provincia di Varese, per poi essere esteso alla Lombardia. E un giorno, chissà, a tutto il Paese.

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