Parigi e le sue nuove vie senza nome. Dal fascino senza tempo di alcuni boulevard fino alle piazze a raggiera, dalle intuizioni del Secondo impero alle creature di Hausmann, i tempi sembrano cambiati: oggi si moltiplicano tunnel, rue e piazzole indicati con un semplice numero e una lettera dell'alfabeto. Non è l'unico caso in Francia: esistono paesi dove semplicemente non è necessario avere denominazioni esatte perché il postino sa a chi consegnare la posta, ma la scelta di lasciare senza denominazione le placche di alcune strade della capitale fa discutere perché sono spesso in quartieri difficili, dove avere un pezzo di storia evocata da un nome, che dia il titolo a quel «pezzo» di Parigi, significherebbe anche educare al senso di appartenenza e al civismo. Invece, come in un circuito di robot, alcune persone si muovono tra AA/12, AB/20 e A/1.
Lettere e cifre separate da una barra obliqua invidiano le altre 6.500 strade riconosciute, dedicate a un evento, a una persona, a un modo di dire. Perfino le fantasiose storpiature dei nomi originali, per addolcire o camuffare quel che avveniva in certi angoli di Parigi nei secoli, sono preferibili alla tendenza delle vie senza nome. Vedi la notoria rue du Petit-Musc, nella splendida cornice del Marais. Si chiamava rue Pute-y-Musse e serviva da rifugio alle prostitute. Era un invito a passeggiare e al piacere di guardarle. Oggi ha un nome che apparentemente significa poco, ma invita a domandarsi che diamine voglia dire «via del piccolo muschio». Un po' d'immaginazione e ci si arriva.
Come ricorda l'esperto linguista Jean-Marie Cassagne, direttore della sezione internazionale della Scuola della Gendarmeria di Rochefort, i nomi scritti in lettere bianche su fondo blu ci dicono sì dove siamo, ma ci mormorano anche qualcosa a ogni passaggio, facendoci penetrare a loro modo tra le mille pieghe della nostra storia. Immaginate se al posto del mercato di Champ de Mars ci si desse appuntamento a passerelle BZ/12. O se al posto di manifestare alla piazza della Bastiglia ci si vedesse tutti a J/15. Sembrerebbe di essere in un videogioco e non nella culla della Rivoluzione francese.
Lettere e numeri. Una o due, con una barra e il relativo arrondissement. È la nuova tendenza, ormai in voga da anni e per alcuni ancora accettabile. «Come la chiamiamo questa nuova strada?», si confrontano i tecnici dell'Hôtel de Ville. Inutile impelagarsi. Le discussioni scontentano sempre qualcuno. Se non è morto nessun «personaggio» da almeno cinque anni, ci pensa un computer. Rompicapo risolto.
Esigenza, quella di dare nomi alle vie, che Parigi considera una scocciatura, più che un vanto; ormai dal 1982, da quando cioè la competenza sulla denominazione è passata al municipio e al suo Consiglio comunale. Sempre più complicato riunire attorno a un tavolo gli organismi competenti, sindaci dei distretti interessati e i consiglieri delegati. Soluzione? Se una strada non è così fondamentale la si lascia spesso senza nome, battezzandola con codici alfanumerici e senza neppure una cerimonia.
Vai a spiegare ai circuiti elettrici che alla fine del XIII secolo Parigi contava poco più di trecento rue. Che sotto Luigi XIV la capitale francese era ancora poco estesa, con appena 789 arterie quasi tutte nominate dagli stessi abitanti. E se alla fine del regno di Napoleone le vie censite erano già 1.070, la crescita è stata esponenziale intorno al 1865, con l'annessione dei comuni periferici che aumentarono la popolazione e la grandezza di Parigi, portando le strade a 3.750. C'era la necessità di unire la popolazione attorno a un senso comune di appartenenza e le vie servirono anche a questo. Spiegare AA/12 è più difficile. Lettere e numeri privi di qualunque poesia. Avenue, impasse, promenade. Tutte con una storia riconducibile agli eventi del passato sono in via di estinzione? Quasi, almeno tra le neonate. Come se ci avessero già raccontato tutto e non fosse più necessario intitolare una strada. Unica recente eccezione, place Georges Moustaki, dedicata l'anno scorso all'autore e interprete di origini italo-greche. Giuseppe Mustacchi e il suo nome d'arte hanno trovato spazio nella Parigi senza più eroi da celebrare. Insieme con Edith Piaf e Georges Brassens. Per gli altri? Si apre uno spiraglio.
C'è voglia di cambiare e rimediare ad assenze discutibili come Jacques Brel. Il delegato alla Cultura del sindaco Anne Hidalgo se ne sta occupando: «Stranamente nessuna strada porta il suo nome a Parigi», nota Christophe Girard parlando del cantautore belga e del problema della vie senza nome. «Abbiamo chiesto ai sindaci degli arrondissement di pensare al suo rapporto con Parigi e farci delle proposte».
Se Brel celebrava le vie della Senna che scorre in dieci dei venti arrondissement, sarebbe possibile anche intitolargli la Gare du Nord, dove i treni conducono al suo nativo Belgio. Lo stesso progetto di consultazione è in fase di sviluppo per Charles Aznavour. Perché di questo passo, più che perdere il senso dell'orientamento, si perderà la voglia di passeggiare.
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