nostro inviato
a Singapore
Un pilota degli anni Settanta, Ottanta e un pizzico di Novanta, tempo fa diceva, tracimando fierezza, «noi sì che eravamo cavalieri del rischio, mica come quelli di oggi ormai diventati solo impiegati del pericolo».
Facile parlare, a lui non succedeva di dover correre per esigenze di prime-time televisivo sotto dei lampadoni da 2000 watt posti lungo una pista cittadina. Vero è invece che i piloti di una volta, se costretti a vivere e correre by-night come qui a Singapore, forse avrebbero affrontato il tutto in modo, come dire, un filo più romanzesco. Perché quelli della notte di una volta vivevano a trecento allora in pista e soprattutto fuori, fagocitati da un festival di party, serate e belle donne a cui non avrebbero rinunciato. Quelli della notte di oggi di bello hanno soprattutto le play station. Ammettiamolo: questo porto del sud est asiatico, accompagnato comè da leggende e storie di uomini avventurosi, avrebbe meritato debutto diverso.
Invece, dai Felipe Massa ai Lewis Hamilton, dagli Alonso ai Kubica, tutti gli assi del mondiale vivono la loro prima volta a Singapore chiusi in camere dalbergo, con mascherine sugli occhi, tappi per le orecchie e tende spesse tre dita. Un autoesilio che va in scena mentre attorno a loro la città impazzisce nei night e nelle discoteche, mentre le agenzie di escort che non sono automobili bensì accompagnatrici di lusso concludono affari doro con i manager di grandi società e i turisti sbarcati in cerca di compagnia, chi per dire solo è amica mia, chi per sperare in altro.
I piloti hanno i loro sacrosanti motivi per vivere da reclusi. Per esempio i due in lotta per il titolo. «Lunico rischio è che si spenga la luce in gara», scherza e no Lewis Hamilton, «quanto a me, faccio colazione molto tardi, mi alleno dopo le 21, rimanendo sveglio fino alle 4 di notte senza far molto se non guardare dei film e giocare con i games sul pc
Certo non mi do alle feste». Per esempio Felipe Massa: «Alle 3 di notte passeggio sulla pista illuminata perché cerco di tenere lorario europeo (qui sono 6 ore avanti, ndr). Vado a dormire alle 5 e mi sveglio alle 13». Per esempio Alonso che si nutre a mirtilli perché aiutano a vederci meglio di notte e ringrazia sentitamente le tende spesse della sua camera dalbergo e la memoria del portatile: «Così resto sveglio a lungo per vedere più film possibili
quanto alla gara notturna, monterò una visiera speciale che riduce i riflessi».
Dunque, manca poesia. Daltra parte non possono fare altrimenti, poiché la soluzione trovata per loro dai team è semplice: devono mantenere lorologio biologico europeo, per cui si cena dopo mezzanotte quando nel Vecchio continente sono le 19; si guardano tv e film alle 2 del mattino, si va a nanna alle 5 e ci si alza alle 13 perché in fondo sono le 7 e avanti così. Per fortuna che Kimi Raikkonen, tra i suoi mille silenzi nasconde ancora il gene del pilota daltri tempi, per cui alla fine sbotta: «Io mi sveglio quando il mio corpo mi dice di svegliarmi
». Punto. Però anche lui in città è dato desaparecido, chiuso in hotel.
Per fortuna che cè un mondiale da aggiudicare in quattro Gp e che Hamilton ha un punto su Massa e dice «inizia adesso un mini campionato fra noi due, perché Felipe è aggressivo e leale
i giudici non mi hanno restituito i 6 punti in più di Spa? Fa niente, resto fiero di come ho guidato, sono forte e attaccherò». Per fortuna che il ferrarista ribatte: «Anche vincessi solo grazie a quei 6 punti, mi sentirei lo stesso campione. Il sogno mondiale? Ce lho eccome e fin qui i sogni li ho sempre raggiunti. Lewis? E un pilota forte che sa vincere, dice che dovrò attaccare? Sono pronto a farlo ma dipenderà dalle situazioni e lui si ricordi di rispettare le regole».
Per fortuna che in tutto questo vortice by-night, un gruppo di giovani piloti di una gara di contorno ha sbagliato hotel ed è finito in una pensione a luci rosse. Nel triste paddock di Singapore, è stato lunico sorriso sfuggito ai reclusi della notte.
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