Le regole di «Basilea 3» piacciono alle banche italiane

Gli investitori plaudono le riforme di Basilea 3. Nonostante la stretta normativa e i rischi di nuove ricapitalizzazioni tra le banche europee, gli operatori hanno apprezzato la definizione di un piano trasparente che uniformi tutto il settore e che dia il tempo agli istituti di adeguarsi alle regole senza stravolgere, dall’oggi al domani, i propri bilanci. Proprio l’estensione dei tempi di implementazione in un periodo di 8 anni è stato l’aspetto più apprezzato dagli esperti di mercato, al pari della rinuncia a strumenti coercitivi nel caso non si raggiungano gli obiettivi. Da Tokio a Londra, passando per Milano, Parigi e Francoforte, tutti le maggiori Borse mondiali hanno visto salire i titoli finanziari, soprattutto quelli considerati più a rischio.
Anche per questi ultimi, infatti, la necessità di un rafforzamento patrimoniale non diventa più un’urgenza da affrontare a qualsiasi condizione, ma un’opzione che facilmente verrà evitata. È il caso di alcuni istituti italiani, come il Mps o il Banco Popolare, premiati sul listino con rialzi rispettivamente del 3,36% e del 3,99% pur avendo ricevuto delle analisi a prima vista allarmanti. Diversi approfondimenti di analisti internazionali, da Goldman Sachs a Macquarie, hanno puntato il dito su un livello di solidità patrimoniale (misurato nel coefficiente Tier 1) che difficilmente riuscirà ad adeguarsi ai requisiti minimi del 7% degli asset della banca prima che parta la riforma nel 2013. Privati del contributo sul capitale dei Tremonti bond (1,45 miliardi per il Banco Popolare e 1,9 miliardi per Mps) e degli strumenti ibridi (obbligazioni o certificati di deposito) le simulazioni degli esperti indicano un coefficiente patrimoniale al 5,3% per la banca senese e al 5,1% per la rivale di Verona.
Ma la chiave di volta sta, appunto, nell’interpretazione dei tempi della nuova normativa. In molti avevano scommesso su un adeguamento alle proposte da parte di tutti i protagonisti del settore in tempi celeri, ipotizzando uno scenario di rischio non indifferente in un momento di pressioni sul mercato del credito. La riforma stabilisce invece dei passaggi molto graduali e ben scanditi degli impegni finanziari che consentono a chi volesse seguire alla lettera il programma di arrivare anche solamente tra 9 anni alla «solidità» indicata da Basilea 3. In questo modo anche banche con problematiche strutturali più accentuate avranno tutto il tempo per mettere in cassaforte parte dei propri utili, ripagare parte dei prestiti in circolazione, e migliorare la propria solidità patrimoniale. Il tutto senza necessariamente rinunciare del tutto ad una politica di dividendi.
Come dichiarato dalla Banca d’Italia nello scenario di lungo termine nessuna della banche italiane dovrebbe incontrare difficoltà nel seguire la tabella di marcia. Certamente le differenze tra le singole realtà sono evidenti, con livelli di eccellenza patrimoniale, come nel caso di Unicredit e Intesa Sanpaolo che al 2019 superebbero di quasi 3 punti percentuali di Tier 1 le rivali nazionali. Quindi, a fronte di interventi regolatori che implicheranno necessariamente una riclassificazione del rischio e il bisogno di maggiore capitale, ci sarà anche un sistema più stabile e meno in balìa della cosiddetta «leva finanziaria» (operazioni a debito).

In quest’ottica gli investitori hanno premiato in Borsa anche l’aumento di capitale da 9,8 miliardi di euro di Deustche Bank (+1,44% a Francoforte), che anticipando tutti, punta a rafforzare la propria struttura patrimoniale aumentando il bacino dei clienti grazie alla scalata alla maggioranza di Deutsche Postbank.

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