La resa dei conti tra Rutelli e i Ds

Arturo Gismondi

Giorni di tregua, nel centrosinistra. La resa dei conti per l’infittirsi degli argomenti oggetto di contesa fra i partiti è stata rinviata a dopo il referendum sulla legge 40. E la circostanza non è del tutto casuale visto che i rapporti interni fra i diversi partiti e leader sono resi più complessi dalla scelta per l’astensione da parte di Rutelli, e dagli argomenti con i quali essa è stata sostenuta.
Non sono in pochi, e non solo a sinistra, a ravvisare nella posizione del leader della Margherita sulla legge 40 qualcosa di più delle grandi o piccole svolte che negli ultimi mesi ne hanno caratterizzato l’azione nel senso di una crescente autonomia dagli orientamenti che prevalgono nell’Unione.
Non si tratta più, però, di singoli aspetti della politica estera, come la posizione nei confronti dell’Irak, o della politica economica, come è stato per la legge Biagi, o per le pensioni.
Questa volta, sul referendum, argomento all’apparenza marginale rispetto al dibattito politico perché spiegabile sul piano della libertà di coscienza, lo scarto di Rutelli si è spinto più in profondità. E ciò non tanto per la decisione del non voto quanto per le motivazioni che l’hanno accompagnata.
In esse, in effetti, si mette in discussione la automaticità in senso progressista di pratiche che, nel campo della famiglia, nel campo della riproduzione, e dell’origine della vita, e per quel che riguarda l’atteggiamento nei confronti della ricerca scientifica, si rischia di confondere il progresso civile col soddisfacimento di desideri, e questi con il diritto.
In ciò le argomentazioni di Rutelli si affiancano a quelle di tanta parte del mondo cattolico ma anche, ed è un fatto nuovo, alle posizioni di una parte del mondo laico, tipici gli esempi di Pera e Ferrara, della Fallaci, di Magris, di una parte dello stesso mondo femminista.
Il presidente della Margherita, insomma, con la sua dichiarazione di voto, mette in discussione un sistema di valori fatto proprio dal «politicamente corretto», e da un laicismo un po’ vetusto, e rifiuta un codice culturale in certa misura genetico che è proprio di una parte, prevalente a tutt’oggi, della sinistra.
Le sue considerazioni sulla sorte e sull’uso futuro degli embrioni smentiscono, soprattutto, una visione della ricerca scientifica che tende a oltrepassare i confini imposti dal rispetto dell’uomo nel campo delicato del rapporto con l’inizio della vita. È questa una preoccupazione che affianca certi pensatori laici alle gerarchie ecclesiastiche dando vita a un fenomeno nuovo nel campo della battaglia delle idee.
Con ciò, Rutelli rischia di porsi fuori della logica prevalente nella grandissima parte della sinistra. La resa dei conti avrà certo toni compatibili con la comune volontà di preservare l’alleanza. Ma, nella sostanza, il confronto non risparmierà la politica nel senso che finirà per toccare i rapporti di forza in seno alla coalizione di centrosinistra.
Il superamento del quorum del 50 per cento più un voto costituirà una conferma della prevalenza dei Ds, con annessa la «sinistra radicale», delle forze cioè che hanno sostenuto più decisamente i referendum e i «quattro si».
Una sconfitta del quorum vedrebbe Rutelli fra i vincitori, ma lo esporrebbe a un giudizio tale da approfondire il divario del leader della Margherita dal resto della coalizione.
Nelle ultime fasi della campagna elettorale si è assistito a un incrudimento delle polemiche sotto le quali, però, sono emersi processi e sviluppi che possono indurre Rutelli, prima o poi, a porsi il problema della sua collocazione politica, se essa sia alla lunga compatibile, e come e a quale prezzo, con la cultura prevalente in una sinistra che mostra tante difficoltà ad abbandonare vecchi schemi e parole d’ordine.
In una sinistra che sempre più appare in conflitto con una evoluzione del pensiero laico che parte, per l’immediato, dalla critica del rifiuto di citare le radici cristiane nella Costituzione europea individuando in esso due limiti culturali: quelli di un giacobinismo tardivo, e quelli di un relativismo etico configurabile come una fuga dalle sfide portate all’Europa da un fondamentalismo religioso vissuto con ben altra determinazione, e pericolosità, quello del mondo islamico.
Si tratta di temi oggetto fra l’altro di un recente libro del ministro francese Nicolas Sarkozy, fra poco nelle librerie nella tradizione italiana, che ha per titolo, significativo: «La Republique, les religions, l’esperance», nel quale si pone in dubbio il laicismo come religione di Stato, e la Republique come recinto di ogni passione umana e civile.
a.

gismondi@tin.it

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