Negli Stati Uniti, a Stanford per ragioni professionali, non colgo alcun segno di panico o corsa agli sportelli, nonostante il fatto che questo sia il Paese da cui un anno fa la crisi dei mutui si è originata e anche per i consumatori americani sia arrivato il momento dei piccoli risparmi, a partire dal pranzo nell'intervallo di lavoro: la paura ha invece contagiato i mercati europei che hanno reagito in modo molto più nervoso, nonostante la minore esposizione alla crisi dei mutui. Negli Stati Uniti prevale la preoccupazione del fatto che la crisi possa propagarsi all'economia nel suo complesso, mentre in Europa sembra dominare l'incertezza, cioè l'incapacità di formulare congetture su quanto potrebbe accadere e soprattutto su quale risposta dare alla situazione di crisi. Vi è chi, non senza ragione, teme la possibilità del ripetersi di una Grande Crisi, ma rispetto ad allora vi è una fondamentale differenza e cioè la consapevolezza del fatto che le crisi non sono eventi della natura ma la dimostrazione del fatto che i mercati, e non solo gli uomini, possono sbagliare e che di conseguenza nei momenti cruciali è indispensabile una politica economica capace di rimediare agli errori del mercato. Da questo punto di vista l'economia americana è in buone mani perché il governatore della Riserva Federale americana, Bernanke, conosce a fondo la Grande Crisi, le sue cause, gli errori commessi e ciò che si sarebbe potuto allora fare e non è stato fatto. Finora la sua politica è stata quella di considerare come centrale l'obiettivo di restituire fiducia ai mercati ed evitare il contagio internazionale: in questa fase è necessario essere consapevoli del fatto che la crisi non è finita, potrebbe continuare e trasformarsi in una recessione, prima che l'economia ritorni al sereno. Negli Stati Uniti, così come in Europa, questo è il momento della politica fiscale, perché la politica monetaria ha quasi esaurito il suo spazio, così come è il momento di porre mano ad alcune regole nuove per i mercati finanziari, perché il loro gigantesco effetto moltiplicatore di squilibri economici fondamentali si è rivelato non più come una pura conseguenza, ma come una potenziale causa altrettanto fondamentale. In questo quadro si colloca il grande fatto nuovo di questi anni e cioè l'eccezionale espansione economica di alcuni Paesi emergenti, in primo luogo la Cina, alimentata da una politica monetaria espansiva, ma oggi in crescente difficoltà di fronte a un'accelerazione inflazionistica di carattere mondiale. Questa analisi coinvolge naturalmente anche il nostro Paese, nel quale pure i risparmiatori hanno dato segni di crescente nervosismo: l'efficacia della nostra politica economica si misura perciò dalla capacità di restituire fiducia ai risparmiatori, ai lavoratori e alle famiglie.
È fondamentale restituire potere di acquisto alle famiglie, sia per ragioni di equità sociale sia per evitare che le nostre piccole e medie imprese siano travolte dalla ristrutturazione mondiale in atto.Luigi Campiglio
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