Nei nostri dibattiti di politica estera anche alcuni ex diplomatici insistono sul tasto dello scarso peso italiano in campo mondiale. Negli ultimi giorni cè stato chi ha voluto dimostrare la nostra debolezza partendo dalle polemiche sulle critiche di Guido Bertolaso allintervento americano in soccorso di Haiti o, in campo del tutto diverso, dalle nostre difficoltà ad acquisire la presidenza della Banca centrale europea presto in scadenza. Sulla vicenda degli aiuti per il terremoto haitiano critiche agli americani erano pervenute da parte sia francese, sia brasiliana, sia dallOsservatore Romano. Solo le osservazioni di Bertolaso hanno, però, suscitato lallarme di Washington. Forse sarà stato anche il tono poco diplomatico ma lattenzione attirata non può non nascere anche dallautorità della persona che critica e dal peso del Paese che rappresenta, meno irrilevante di come lo si spaccia su certa nostra stampa.
Non è un caso che anche le nostre proposte per incarichi europei, da Mario Mauro a Massimo DAlema a oggi Mario Draghi, sollevino più ampie preoccupazioni di quando richieste di nomine vengono avanzate da portoghesi, spagnoli e da qualche nuovo membro est-europeo: queste preoccupazioni vengono lette spesso dallimperante propagandismo antiberlusconiano come sintomo dellinsofferenza verso Roma per le sue disinvolture. In realtà in una fase complessa di transizione, quando gli americani sono tentati, tra mille ripensamenti come dimostra il caso Google, di fondare lequilibrio globale su un asse con la Cina, è evidente come la politica europea entri in fibrillazione. E in questa incertezza la tentazione naturale di tedeschi e francesi è di chiudersi in un accordo privilegiato, selezionando vassalli ma non co-protagonisti. Questa realtà non va scambiata però per debolezza della politica estera per unItalia che ha una solida intesa con la Russia putiniana senza le sbandate antiamericane di Chirac o Schröder, che è il miglior amico di Israele ma ha ottime relazioni con Arabia Saudita, Egitto e Libia. Che le major angloamericane del petrolio tentano di mettere fuori gioco (con lEni) in Kazakistan ma non solo partecipa a un altro oleodotto ma torna anche in rapporti perfetti con lo stesso Kazakistan.
Siamo senza dubbio di fronte a una fase complicata. Ma le carte italiane non sono affatto da sottovalutare come ha dimostrato la crescente attenzione dello stesso Barack Obama alle posizioni di Giulio Tremonti sulle banche. Si tratta di giocare bene queste carte, con intelligenza, puntando innanzi tutto su uomini di valore come per esempio Draghi ma chiedendo a tutti, anche ai supertecnici, la consapevolezza di come in ballo vi siano anche giochi «nazionali» (come dalla loro dimostrano i «tecnici» francesi, tedeschi, spagnoli) non solo astratte esibizioni di competenza.
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