«Lunica cosa di cui aver paura è la paura». Lincubo della Grande Depressione era ancora vivo quando Franklin Roosevelt pronunciava il suo discorso di insediamento alla Casa Bianca. Quel rischio di un contagio irrazionale, della paura che dilaga e si trasforma in panico è tornato settantanni dopo. Lo ha rievocato ieri il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, convinto che la crisi sia «controllabile» ma che «non potremo invece dominare il panico che può travolgere tutto se blocca il sistema dei pagamenti, se sparisce la liquidità perché nessuno si fida di nessuno». Leffetto psicologico in questa crisi, come nel mercato finanziario in generale, sarà cruciale. Perché dopo il crollo del 7-8 per cento dei listini europei e le perdite fino a 20 punti percentuali dei titoli delle maggiori banche americane come la Morgan Stanley, quella in corso è la crisi peggiore dei mercati finanziari dagli Anni Trenta a questa parte. E la settimana che si apre, con le Borse che riprendono oggi la loro attività, sarà una cartina di tornasole per capire se il rischio panico è concreto o se la paura è stata arginata.
Fiducia è la parola che riecheggia sempre più spesso in questi giorni. Ma come si fa a riconquistarla in un momento così difficile? Per Enrico Valdani, ordinario di Marketing allUniversità Bocconi di Milano, quello che ci troviamo di fronte è un tipico caso di «crisis management»: un evento imprevedibile rischia di danneggiare un sistema ed è perciò necessario contenere immediatamente i danni. Come? «Tempestività nella comunicazione e nellassunzione di decisioni - spiega Valdani -. Servono messaggi chiari e puntuali per dimostrare che i governi stanno attuando politiche serie per fronteggiare la crisi. Ma poi servono decisioni. Senza quelle la comunicazione non è sufficiente. Solo così la paura non si trasforma in panico. E noi italiani, con labitudine allinvestimento garantito e con le rassicurazioni comunicative e i provvedimenti pratici annunciati dal governo, non dovremmo cadere nel panico».
Klaus Davi, guru della comunicazione, propone un antidoto pratico: un numero verde anti-panico per rassicurare i correntisti e gli investitori. «Basterebbe uno slogan evocativo, di certo non allarmistico, del tipo Problemi? Lo Stato cè. E magari potrebbero inaugurarlo i ministri stessi. Un giorno al telefono coi cittadini e poi esperti in grado di placare il dilagare della paura», spiega Davi. Che poi insiste sui comportamenti dei capi di governo: «Bene fa la Merkel a farsi vedere al supermercato, come bene fa Berlusconi ad andare in discoteca. Entrambi sono luoghi dove sta la gente. E loro devono essere i primi a sdrammatizzare, a dare segnali di normalità, di distensione».
Ai pazienti la cui paura potrebbe trasformarsi in panico, Isabella De Martini, neuropsichiatra, citerebbe una massima del filosofo indiano Rabindranath Tagore: «Non esiste una notte tanto buia da impedire al sole di sorgere ancora». «Sì - spiega lei - viviamo in una società della scienza esatta, della statistica. Quando qualcosa esce fuori dai binari della prevedibilità, andiamo nel panico. Esorterei le persone, come farei con un mio paziente, a ritornare ad accettare limprevedibilità. La statistica non spiega tutto, dobbiamo accettare il caso, gli imprevisti della vita e solo così saremo capaci di affrontarli mantenendo lequilibrio».
Gavino Sanna, pubblicitario, è convinto che il rischio della paura che dilaga possa essere affrontato solo con il buon senso. «Serve buon senso da parte della classe politica che deve far capire di essere in grado di lavorare adeguatamente per risolvere i problemi. Serve il buon senso dei consumatori, che in questo momento devono far fruttare al meglio i soldi a disposizione.
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