Risultato: Madrid batte Milano 11-10

Comunque finisca la gara tra Atletico e Real, la capitale spagnola ci supererà per numero di coppe

Daniele Abbiati

Il dovere dell'ospitalità, prima di tutto. Anche perché qui, qui a Milan che nonostante tutto continua ad avere el coeur in man, nessuno è mai clandestino a 360 gradi, figuriamoci se può esserlo per 90 o 120 minuti, anzi abbondiamo, diciamo per due ore e mezza, eventuali calci di rigori compresi. Qui, questa volta, avranno tutti i documenti in regola, nonostante in molti si presenteranno sciamannati, sbracati, svalvolati, sbevazzati.

Bienvenidos, dunque, facciamo largo. Ma senza esagerare. «Il largo si fece; - venite pure avanti, - diceva più d'uno al cocchiere, ritirandosi o andando a fargli un po' di strada più innanzi. - Adelante, presto, con juicio, - gli disse anche il padrone; e la carrozza si mosse». Don Lisander lo sapeva bene, che agli spagnoli non devi dare il dito, altrimenti si prendono prima la mano e poi il braccio, non era come quell'ingenuotto di Renzo che subiva il fascino di Antonio Ferrer, gran cancelliere arrivato sotto la Madonnina a sostituire don Gonzalo. Ma tant'è, persino I promessi sposi devono farsi da parte e inchinarsi ai promessi campeones, vestano essi in bianco o in bianco e rosso. Auguriamo dunque sportivamente suerte sia all'aristocrazia del Real sia, e nella stessa identica misura, alla popolanità dell'Atlético. Del resto qui siamo, fatti due rapidi calcoli, neutrali. Perché se i bauscia penderanno verso il Cholo lo faranno, appunto, con juicio, stante che il loro beniamino vorrebbero vederlo il più presto possibile traslocare dal Manzanarre non al Reno, bensì ad Appiano Gentile, che fra l'altro non dista molto da quel ramo del lago di Como eccetera eccetera. E perché i casciavit simpatizzeranno sì per Zizou, tuttavia anch'essi con juicio, visto che qualora fosse l'hidalgo francese a trionfare, loro finirebbero a meno quattro, un gap difficile da colmare, anche mettendo sulla bilancia le cineserie di cui tanto si ciancia senza costrutto.

Ragazzi, i conti della serva sono presto fatti. Sette più tre fa dieci e dieci più zero fa comunque dieci. Quindi gli invasori spagnoli verranno qui a timbrare il cartellino che promuoverà la loro città regina del calcio europeo. Alla fine, saremo noi rossoneri e nerazzurri a perdere, per un punto soltanto, ma a perdere, senza giocare. Anche se, diciamolo sottovoce altrimenti a quelli là gli va il sangre caliente alla cabeza, fra Merengues e Colchoneros, cioè Meringhe e Materassai da un lato, e Diavoli e Biscioni dall'altro, il confronto del simbolismo risulta improponibile: loro sono dettagli da normale pasticceria o da umile artigianato, noi siamo bestialmente superiori... Inoltre potremmo menare il can per l'aia affollata di piazza Axum dicendo che vincere la Champions quando Milan e Inter si sono date malate (senza bisogno dei certificati di medici compiacenti, purtroppo) non è 'sta grande impresa...

Potremmo farlo, ma non lo faremo. Lo vediamo anche noi che Bonaventura non è Cristiano Ronaldo e che Perisic non è Griezmann, non abbiamo mica le fette di pata negra sugli occhi. E lo sappiamo che quel punto di svantaggio in attesa d'essere ufficializzato dal triplice fischio del signor Clattenburg non lo potremo annullare l'anno prossimo al Millennium Stadium di Cardiff. Su questo abbiamo il cuore in pace da mesi.

Sarà però il caso che da domenica mattina, quando gli ultimi madrileni con i piedi strascicanti e le bocche impastate si affretteranno, si fa per dire, a dirci adios, noi ci si rimetta a lavorare seriamente, dentro e fuori dal campo. Perché qui siamo a Milano, e a Milano si lavora. Anche se a Madrid non sembra.

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