RomaIl primo dispetto glielo fa lorganizzazione. Aveva chiesto un pianoforte a coda, lucido e nero. Come Elton John, come i grandi della musica al chiaro di luna. Si ritrova tra le mani poco più di una tastiera. Alle 21,20 Lady Gaga fa il suo ingresso al Circo Massimo, teatro finale dellEuro Pride 2011. Ha gli occhiali da sole, la parrucca verde, il top nero e la gonna lunga multiscacco. Parte subito col temuto pistolotto. Interminabile. Parla di baci dati in tutto il mondo, della sua fantastica diversità, della discriminata comunità Lgbt, dei governi omofobi, Medioriente in testa. Chiede una nuova ideologia internazionale, una uguaglianza in difesa dellamore, chiede la rivoluzione. Dopo venti minuti intona, come da contratto, linno gay Born this Way e poi aggiunge The Edge of Glory. Saluta Roma e il gentile Alemanno (inesorabilmente fischiato) e se ne va tutta orgogliosa a occupare una delle tredici suite romane prenotate. Madonna docet.
Il prima e il dopo Gaga però è un flop, altro che carica dei 500mila. Il grosso arriverà solo per la superstar in semiconcerto. Roma non è Oslo e neanche Madrid e Londra (le altre città che hanno ospitato lEuro pride) e fino alle 19 il circo Massimo rimane per pochi intimi con i monitor da palco che sparano impietosi il remix di A far lamore cominci tu della Carrà. Mentre a san Giovanni va in scena il contropride bacchettone di Militia Christi qui si attende larrivo dei carri e soprattutto dellOstia-Roma che riversi abbronzatissimi etero, gay, bisex e trans sullarena cittadina. Pochi gli stranieri, è tutta roba nostrana. Giù di corda i venditori napoletani di magliette tarocche e manifesti della star. Cè anche un ambulante con il Manifesto. Anzi cè solo quello da comprare di giornale. Daltronde si tratta di evento rosso, tanto più che cè Vladimir Luxuria con pennacchio multicolore che boccia lItalia omofoba, Vendola che zompa su un carro antigovernativo e una nutrita rappresentanza del Fli con striscione «Fini for President». Rossi dentro. E pensare che cè un sindaco di destra, il defilato Alemanno, diventato Alejandro. Lui e il cavaliere sono i bersagli preferiti del popolo euromosessuale che utilizza la kermesse per tirare freccette, come al pub. Alle 23 si spengono le luci, restano cumuli di mondezza e i venditori napoletani che sperano sempre nellultimo affare. Loro sì che hanno pochi diritti.
Il pomeriggio dellEuropride era cominciato fin troppo tranquillo, nonostante gli elicotteri a sorvegliare dallalto la sfilata manco fosse un G8. Fa caldo e il temuto assalto del popolo gay tarda a partire per mancanza di coordinamento e partecipazione. Allangolo del Circo Massimo una camionetta dei carabinieri viene sfruttata da chi deve raggiungere la zona del palco ma non sa da dove; un militare dellArma si affretta a rassicurare due belle ragazze, «loro» sono «uomini». Allimbrunire il Circo si riempie, gli slogan sono sempre i soliti, quando funzionano si rivendono facile. Da «Giovanardi, Berlusconi e Binetti omofobi da cassonetti» a «Meglio ricchioni che Berlusconi», i grandi classici, insomma.
Senza intoppi anche il temuto secondo filone del corteo, quello che riguardava il Vaticano. Solo qualche cartello «No Vat» e a un paio di manifestanti su di giri sotto la criticatissima (per la forma) statua di Papa Wojtyla alla stazione Termini. Tanta Gaga per nulla.
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