Paolo Marchi
Rocca primo e dire che non ha dato limpressione di avere turbo-sciato tanto da dover attendere le discese di Ligety, Vogl e Raich per capire di avere fatto pokerissimo. In verità, due discese intere e un pugno di porte balbettate perché Benny Raich, austriaco e campione del mondo in carica, farà benino la prima, male la seconda (paletto in faccia?), pessimamente la terza, inforcata. E mentre si accomodava allibito a bordo pista, Rocca lasciava langolo vip del parterre per entrare nella zona darrivo per inginocchiarsi e baciare la neve di Wengen, un manto che idealmente vale per tutte le superfici che ha sciato e domato, dalla stessa Wengen tre anni fa, primo urrah di coppa, a ieri, lundicesimo. Ancora due vittorie e acciufferà Augert, altre cinque e pareggerà i conti con Girardelli a quota 16. Inarrivabili Stenmark (40) e Tomba (35), un Alberto che ieri era in treno tra Bologna e Roma mentre Giorgio affrontava la seconda manche. Se lè fatta raccontare al cellulare, rispolverando alla fine le filastrocche che accompagnarono i suoi primi acuti quasi ventanni fa(!): «Lo dicevo alla vigilia che la quinta è già vinta. Bravo, bravissimo su una pista molto difficile. Raich lo soffre psicologicamente. E a Kitz? È già fatta: la sesta è una festa».
Rocca come un vecchio saggio. Dellerrore, disarmante, di Raich dirà che «sono cose che succedono, soprattutto in slalom dove ormai si vince più con la testa che con le gambe». E lui la sua testa la usa, eccome, in un perfetto equilibrio tra vita privata e vita sportiva. Ieri sua moglie Tanja ha portato Giacomo, un batuffolo di 50 giorni, a vedere papà gareggiare: «È un successo che dedico a lui, che mi ha accompagnato qui per la prima volta. Gli dedico una quinta vittoria di fila della quale non riesco ancora a cogliere lintera importanza».
Una volta lo seguiva, ovvio, solo Tanja, così riservata e brava a difendere la sua privacy, da non farsi mai fotografare. Ad Adelboden, Rocca si ripromise, in caso di cinquina, di portarla sul podio con sé e con il loro baby, ma nulla da fare, nemmeno un flash in disparte come tre inverni fa a Campiglio quando un fotografo li sorprese a fare jogging allalba del giorno di gara.
Che gara è stata invece lultima?, gli chiedono e lui quasi sbuffa: «Non è stata una gara facile. Il tracciato qui è sempre molto, ma molto difficile però mi piace anche perché a Wengen ho vinto per la prima volta», e la seconda ieri dopo la squalifica del 2005 per uninforcata millimetrica alla quale è seguita quella di venerdì in supercombinata: «Ci sta, è lo slalom, guardate Raich. Quando però dico che è stata una gara difficile non mi riferisco a queste uscite, ma un certo dolore a un ginocchio e agli attrezzi della prima manche che ho messo da parte, per scendere nella seconda con un diverso paio di sci. Una scelta giusta, premiata dalla fortuna. Sì, ho avuto fortuna ma io dico che si decide tutto dopo che tutti hanno tagliato il traguardo».
Fatti e non parole e Torino olimpica allorizzonte: «È già una stagione indimenticabile», dice Rocca che preferisce pensare a Wengen: «Difficile, scrivete questo perché dopo il quarto posto la mattina, o alluna cambiavo marcia o addio podio. Lassù, col monitor, ho visto tanti sbagliare sul muro e io stesso sono arretrato leggermente rischiando di uscire. È stato un attimo, poi ho ripreso il mio ritmo, quello solito». E così siamo al segreto di tanto benessere agonistico: «Era importante ripetere le prestazioni di questi mesi con più pressione attorno: più vinco e più la gente saspetta che vinca.
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