Un Rossi che vale 8 E tutti dicevano che era già bollito...

Il mondiale conquistato a Motegi, con bollo del «notaio», è la rivincita su chi lo considerava finito. Anche se tutti ora saliranno sul suo carro

Un Rossi che vale 8 E tutti dicevano che era già bollito...

Diciamolo con molta franchezza: adesso coccoliamoci il ragazzo. Con classe però, senza far chiasso. Chi può, chi riesce, lo faccia in silenzio, senza strombazzare al mondo falsità del tipo «io non avevo mai pensato che fosse bollito», «io dopo i suoi guai fiscali non avevo dubbi che sarebbe tornato più forte di prima», «io son sempre stato convinto che Stoner fosse meno forte di lui». Please, evitiamo queste brutte scene.
È vero, si sa, sarà difficile, perché trattasi di sport nazionale, di salto sul carro di chi dal carro era disceso, ammettiamolo, un tantino in fretta.
È vero, si sa, è umano. Ne sono consci persino Valentino Rossi e i suoi ragazzi della Yamaha e quelli della tribù che non l’ha mai abbandonato proteggendolo, come un vaccino, dai mali della popolarità e della ricchezza. Per cui, di fronte a un eventuale festival di l’avevo detto chiuderanno un occhio e faranno finta di niente. Perché, massì, il mondo va così.
Però noi che possiamo e l’abbiamo seguito da quel giorno del millenovencentonovantasei quando esordì sull’Aprilia 125, noi per cui quel giorno Rossi era solo suo padre, Rossi era Pablito, Rossi era soprattutto Vasco, ecco, noi coccoliamoci il ragazzo. Perché Valentino ragazzo non è più, perché ci ha confidato che ora deve allenarsi e pure tanto per restare in forma e al livello dei giovani talenti come Stoner, dei Pedrosa, di quei ragazzi, massì, ricordiamo anche questo, che non più di otto mesi fa si diceva fossero ormai più forti di lui.
Dunque, coccoliamocelo, perché ragazzo non è più, perché saranno presto trent’anni e perché corre da tredici, impenna da tredici, rischia da tredici. E mandiamo a memoria le immagini della sua lunga impennata di Motegi, dell’omaggio resogli dagli altri, in primis il campione uscente Stoner. Imprimiamo la sua cavalcata, la scenetta seduto alla scrivania del notaio dell’ottavo mondiale, godiamoci il suo modo unico di far festa.


Perché verrà il giorno in cui il ragazzo che non è più ragazzo appenderà il casco al chiodo e dirà «signori ho dato, arrivederci e grazie». Lo farà alla sua maniera, a sorpresa e con ironia. Ma lo farà. Un giorno.
NANNI SCAGLIA ALLE PAGINE 36-37

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