La Russa-Fini? Come il duello Zidane-Materazzi

Un suo giudizio, caro Granzotto, sull’episodio che ha visto coinvolti Ignazio La Russa e Gianfranco Fini. Come giudica il comportamento del ministro della Difesa?
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M’è piaciuto. Lo so che non sta bene dirlo, lo so che il conformismo politicamente corretto pretenderebbe altra risposta («Sono indignato!», «Ciò che è accaduto è grave, è gravissimo!»), ma cosa vuole che le dica, caro Fanti, la penso così e così la dico. Sono d’animo mite e con l’età sono diventato anche un tantinello più tollerante, però resto dell’idea che quando ci vuole, ci vuole. In fondo Ignazio La Russa mica si rivolgeva, col suo tondo «non rompere», a sua eccellenza reverendissima e illustrissima il presidente della Camera, terza carica, ohibò ohibò, dello Stato. Si rivolgeva al vecchio amico, anzi, camerata, che per una serie di fortunati ammiccamenti della fortuna prima fu sdoganato, poi ripulito agli occhi della società (civile) e infine, un botto, elevato a presidente della Camera. Ma anche lì, attorniato dai valletti in polpe e marsina, anche lì col segno del comando (un campanello) sulla scrivania, anche lì, inchiodato alla poltrona di velluto, agli occhi di La Russa quello resta: il vecchio camerata. Al quale chissà quante volte disse, nei locali di via della Scrofa: «’A Gianfra’, nun rompe!». Le istituzioni, dunque, non c’entrano. E poi, anche la presidenza del Consiglio è un fior di istituzione. Eppure non vi porta rispetto nemmeno Fini, quindi figuriamoci. Anche il Parlamento e quanto contiene è una istituzione. E Fini lascia che sia assediato e irriso da un manipolo di beoti lanciatori di monetine, quindi figuriamoci. Resta il gesto della mano dai virtuosisti di sinistra interpretato quale un «vaffa» indirizzato a Sua Serenità il presidente Fini. Ma anche il «vaffa», al pari di Fini, fu sdoganato dalle forze sane della nazione che plaudirono al «Vaffa day» dei grillini-girotondini. Pertanto «vaffa» non è più un improperio, ma una democratica e libertaria espressione politica e in tal senso va interpretato quello, sonoro, del ministro La Russa.
Ma in fondo, cos’è successo di così scandaloso? Montecitorio è spesso stato teatro di baruffe, con lancio delle tavolette e altri oggetti contundenti, aggressioni, scazzottature, ceffoni a piena palma, calci nel sedere, urla e sbraiti, insulti e provocazioni. L’altro ieri è volato - in direzione Fini - un giornale o, secondo altra versione, dei fogli di un resoconto E capirai! Volarono nell’aula sorda e grigia scarpe, fette di mortadella, mazzi di chiavi, borse appesantite da edizioni cartonate dei discorsi di Togliatti. Cosa vuole che siano, caro Fanti, quattro pezzi di carta e nemmeno appallottolati? Ma sì, la politica è passione e se scappa un «non rompere» ben indirizzato sai chi se ne impippa. Zinédine Zidane. Il tifo patriottico ci obbligò a deprecare la sua capocciata a Materazzi, ma in cuor nostro (almeno in cuor mio) eravamo sotto sotto tutti per Zizou.

L’azzurro seguitava a sfruculiarlo sulle poche virtù della sorella? Venne il momento del quando ci vuole ci vuole, e giù una capocciata. Quando uno, in campo o sullo scranno di terza carica dello Stato, se le tira, prima o poi sotto forma di craniata o di «vaffa», arrivano.
Paolo Granzotto

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