Roma - Eutanasia, omicidio, condanna a morte, pietà, rispetto, silenzio. Parole impegnative che si esasperano fino a trasformarsi in sentenze quando si avvicinano a quel letto d’ospedale e avvolgono il corpo di Eluana Englaro, divenuto un simbolo suo malgrado. Fuori da quella stanza, anche se invocato ripetutamente dai suoi familiari, il silenzio è diventato una scelta impossibile per la politica, che si interroga sul proprio ruolo e sul diritto-dovere di intervenire in casi come quello di Eluana o Terry Schiavo, sempre più frequenti con l’evoluzione tecnologica della medicina.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, invoca un dibattito pacato. Un confronto «sul testamento biologico che non ha nulla a che vedere con l’eutanasia perché nel Parlamento italiano non è all’ordine del giorno nessuna legge sull’eutanasia»,dice il capo dello Stato, mentre ad esempio «in altri paesi come il Lussemburgo l’eutanasia attiva è regolamentata». Dunque c’è un vuoto legislativo che va colmato e su questo punto sono tutti d’accordo. Anche il presidente del Senato, Renato Schifani, avverte: «Quanto sta avvenendo pone ormai con drammaticità la necessità di un intervento legislativo che sappia prevenire e affrontare situazioni davanti alle quali le famiglie e le persone non possono essere lasciate sole». E Schifani ricorda l’impegno di Palazzo Madama su questo fronte «per arrivare al più presto a un risultato concreto sul tema del testamento biologico».
Ma il nodo che ancora non si scioglie è stretto intorno a quello che significa eutanasia. E la risposta che ciascuno si dà non dipende dall’appartenenza a una parte politica ma alle proprie più intime e profonde convinzioni. Principi che inducono il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, a dire che il distacco del sondino che nutre ed idrata la Englaro rappresenta «la prima condanna a morte dopo il 1948: la condanna di una innocente attraverso una lunga agonia».
Un giudizio condiviso da altri esponenti del Pdl come Maurizio Lupi, che difende «il valore sacro della vita» o il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, che nell’amarezza per la sorte di Eluana sottolinea con forza il suo rifiuto di farsi «complice» di una sentenza di morte. Sullo stesso fronte si pone anche Paola Binetti e molti altri esponenti cattolici del Partito democratico, che invocano insieme con il Movimento della vita «un decreto legge che possa bloccare la procedura di morte che si è innescata». Tutti condividono il principio che alimentazione e idratazione non siano terapie o cure e quindi sospendibili per non incorrere nell’accanimento terapeutico.
Idratare e alimentare una persona che non può farlo da sola è un dovere anche per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che proprio in questa ottica ha emanato mesi fa un ordinanza nella quale si ribadiva che non è possibile per una struttura del servizio sanitario nazionale attuare una procedura che di fatto porta alla morte del paziente.
Una certezza che Sacconi ribadisce con forza. «Tutto il nostro sistema e dunque anche i compiti della casa di cura La Quiete sono rivolti alla vita e non alla morte - dice Sacconi -. Sospendere alimentazione e idratazione significherebbe imboccare la strada di un presunto diritto alla morte. Stiamo valutando i profili formali. Eluana si trova in uno stato vegetativo ma non di morte cerebrale. Ci vorranno 15 o 20 giorni per essere condotta a morte e si ha il timore che possa soffrire, tanto che le saranno somministrati sedativi. Tutto questo accade in assenza di una legge specifica e di una volontà accertata da parte della donna. Io auspico un ripensamento.».
Ma il presidente della Camera, Gianfranco Fini non nutre le stesse convinzioni. «Invidio chi ha certezze sul caso Englaro. Personalmente non ne ho né religiose né scientifiche - dice Fini -. Ho solo dubbi, uno su tutti. Qual è e dove è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano diritto di fornire una risposta e io sento il dovere di rispettarla». Una posizione lontanissima da quella di Mantovano anche se entrambi vengono da Alleanza nazionale. Ma la dichiarazione di Fini non stupisce perché già in passato su delicati temi bioetici come quello della procreazione assistita si era distinto condividendo posizioni più «laiche» o «laiciste» all’interno del centrodestra.
Come quelle sostenute da Benedetto Della Vedova, Pdl, che parla di «linciaggio» di Beppino Englaro da parte di chi usa termini come omicidio o boia.
«Parlare di mano assassina è privo di qualsiasi pietà ed è un assurdo dal punto di vista della civiltà giuridica». Per Umberto Veronesi, oncologo ed ex ministro della Sanità, «si è arrivati a un epilogo inevitabile nel rispetto della volontà di Eluana».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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